Le aperture grilline sulla Tav in versione light non bastano a Matteo Salvini per seppellire l’ascia di guerra: «La Tav “leggera”? Un treno passa sotto la montagna o no. Tertium non datur. A me piacciono i treni che corrono», dice ol leader del Carroccio, provando a mettere in difficoltà l’alleato Luigi Di Maio che replica: «Tav e Olimpiadi hanno un elemento in comune fondamentale: il solito partito del cemento che non vede l’ora di mettere le mani sul nostro territorio».

Le aperture grilline sulla Tav in versione light non bastano a Matteo Salvini per seppellire l’ascia di guerra con l’alleato di governo. E dopo lo smacco delle Olimpiadi invernali 2026 assegnate a Milano e Cortina - in barba alla rinuncia di Torino e prima ancora di Roma - il leader del Carroccio incalza: «La Tav “leggera”? Un treno passa sotto la montagna o no. Tertium non datur. A me piacciono i treni che corrono», dice il ministro dell’Interno, mirando con precisione chirurgica sul punto più vulnerabile dell’ideologia pentastellate: le grandi opere e i grandi eventi. Sì, perché se pochi anni fa la battaglia agli sprechi e alle cricche del cemento consegnava a Beppe Grillo piazze e urne piene, adesso la musica è cambiata. Il protrarsi della crisi e l’arrivo di una nuova proposta politica populista ( la Lega targata Salvini) ha convinto gli elettori ad abbandonare il “partito del no” nella speranza di far ripartire l’economia a suon di appalti pubblici.

E pazienza se nella torta miliardaria delle grandi opere trovano nutrimento anche consorterie criminali. I cittadini del 2019 sono pronti a chiudere entrambi gli occhi pur di tornare a respirare. Secondo i calcoli elaborati dall’Università Bocconi di Milano e da Ca’ Foscari di Venezia, si prevedono ricadute sul territorio pari a 4,5 miliardi di euro ( 2,8 per la Lombardia e 1,5 per Veneto e Trentino) e 36 mila posti di lavoro tra occupazione diretta e indiretta. Numeri da capogiro su cui Lega e Pd proveranno a metterci la bandierina.

Salvini ha perfettamente capito il sentiment della maggioranza degli italiani e punta tutte le sue fiches sulla sfida all’alleato, ancorato a una retorica ormai inefficace. Sull’alta velocità Torino- Lione si può dunque «rivedere il percorso e l’impatto ambientale, ma l’Italia non è seconda a nessuno. C’è un progetto in itinere: spero che la lezione di ieri delle Olimpiadi sia servita», dice il segretario del Carroccio girando il coltello nella piaga pentastellata. Perché il successo di Milano e Cortina è direttamente proporzionale alla rinuncia di Torino e Roma. Giuseppe Sala e Luca Zaia, amministratori distanti accomunati dal “fare”, contro Chiara Appendino e Virginia Raggi, sindache dello stesso partito dipinte come nemiche dello sviluppo.

Così la Lega ha condotto il Movimento 5 Stelle in un imbuto da cui è difficile uscire con tutte le ossa al posto giusto. L’unica strada percorribile per porre fine all’isolamento politico appare l’abiura definitiva ai principi fondativi, un paradosso che snaturerebbe il sogno nato a colpi di “Vaffa”. Ma Di Maio, almeno per ora, non sembra affatto intenzionato a percorrerla. «Tav e Olimpiadi hanno un elemento in comune fondamentale: il solito partito del cemento che non vede l’ora di mettere le mani sul nostro territorio», scrive su Facebook il capo politico. «E come sempre siamo il loro grande nemico e ne andiamo fieri», spiega il ministro del Lavoro, scagliandosi poi contro i «palazzinari che usano i loro giornali per farci la guerra». Di Maio difende con fierezza la posizione del suo partito sui Giochi, sottolineando le differenze tra «quello che era il progetto di Roma, a spese dei romani, e quello di Milano, che non prevede un solo euro da parte della città», ma non convince il suo socio di maggioranza.

«I numeri dicono che l'economia italiana è sana, noi vogliamo crescere, non siamo più nel Medioevo», insiste Salvini, giocando con i nervi dell’altro vice premier, messo sempre più in difficoltà con la propria base. Per questo Di Maio ribatte punto su punto: «Sono più di 20 anni che sentiamo discuterne ( di Tav, ndr).

Era urgente già negli anni 90! Con un piano che, secondo gli accordi presi da chi ci ha preceduto, è un grandissimo regalo ai francesi», dice perentorio, prima di rinnegare persino le aperture concessa dalla vice ministra dell’Economia, Laura Castelli. «Non abbiamo mai pensato ad un progetto di “Tav leggera”. Parliamo piuttosto di cose serie», argomenta il leader poentastellato, ricevendo persino la benedizione di Alessandro Di Battista, ultimamente parecchio critico con le posizioni del vecchio amico. «Concordo al 100 per cento» scrive Dibba nei commenti al post di Di Maio.

La patata bollente adesso passa nelle mani di Giuseppe Conte «che sta discutendo con la Francia, ricorda Chiara Appendino. «Vedremo quale sarà l’esito di questa discussione e poi capiremo quale sarà il percorso che riguarderà il Paese», risponde la sindaca, sentendosi chiamata in causa dalle dichiarazioni del ministro dell’Inetrno. «Io ho piena fiducia nel lavoro che sta facendo Conte», aggiunge, sotto la pressione del comitato “Sì Torino va avanti” che ha indetto stasera una manifestazione sotto il municipio.

Pd e Forza Italia si scagliano contro l’immobilismo del governo e puntano il dito sul rimpallo di responsabilità. «La scelta non è tra Tav leggera o pesante, la scelta è se fare la Tav o non farla, restituendo all’Ue 120 milioni di euro già utilizzati», scrivono i senatori dem in una interrogazione urgente. rivolta al presidente del Consiglio e al ministro Toninelli Salvini «Che cosa risponderà il governo Conte all’Ue che chiede di sapere entro luglio la volontà dell’Italia sulla Torino- Lione?».