Detenuto con disagi psichici tenuto in isolamento per un mese e mezzo, condizioni igieniche scadenti, impossibilità da parte dei detenuti di telefonare ai familiari. È la situazione del carcere “La Dogaia” di Prato illustrata da Ione Toccafondi – la garante dei detenuti del comune della Toscana ed ex direttrice del carcere stesso – durante un’audizione alla commissione comunale per le politiche sociali. La garante ha denunciato non solo il dimezzamento degli educatori professionali, ma anche la carenza risorse per la mediazione culturale nonostante il comune abbia stanziato dei fondi. La dottoressa Toccafondi ha spiegato che il contributo è stato insufficiente, per questo i mediatori hanno lavorato solo per qualche mese e ciò ha provocato un enorme disagio nei confronti della popolazione detenuta straniera ( il 48 per cento dei ristretti) che si sono visti privati della possibilità di telefonare ai familiari e questo ha contribuito ad accrescere la tensione all’interno della Dogaia: per poter autorizzare le telefonate tra detenuti e parenti, occorrono verifiche sulle utenze, e solo chi comprende la lingua straniera può compierle. Altro problema che ha denunciato è quella dei detenuti psichiatrici – problema generale del sistema penitenziario – che è rimasta irrisolta. La garante ha spiegato che «dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari – che è stata una conquista – purtroppo si sono create lunghe liste di attesa per entrare nei percorsi terapeutici delle Rems. In Toscana e Umbria c’è soltanto una struttura di questo tipo, la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza di Volterra, che ha 30 posti». Altri problemi segnalati riguardano le condizioni della struttura. Poi ha denunciato anche il problema riguardante i sex offender, i detenuti che hanno commesso reati sessuali.

La garante ha spiegato che per loro non c’è nessun progetto riabilitativo, per cui c’è il rischio della recidiva.

L’istituto si trova in una zona periferica, raggiungibile con un autodi bus che ferma a 1 km di distanza. La sperimentazione di una navetta è stata abbandonata perché non rispondeva alle esigenze dei familiari dei detenuti. In alternativa, i taxi applicano una tariffa agevolata per i collegamenti con il carcere e il cappellano ha allestito una struttura di accoglienza per i familiari in visita. Il carcere ha subito anche un aumento della popolazione per il trasferimento di una buona parte dei detenuti di Pistoia, il cui carcere è in parte inagibile dopo una tempesta di vento, senza che alla Dogaia siano stati assegnati risorse e personale, come ha evidenziato la garante.

Non mancano però delle note positive. Il carcere è all’avanguardia con un progetto sulla formazione con il polo universitario penitenziario, nato sette anni fa, e frutto di un accordo fra la Regione Toscana, il Provveditorato toscano dell’amministrazione penitenziaria e le università di Pisa, Firenze e Siena. Offre ai detenuti l’opportunità di una formazione universitaria attraverso percorsi didattici specifici e assistiti. L’idea del professore universitario Nedo Baracani e del magistrato Alessandro Margara – morto recentemente e famoso per aver ispirato la legge Gozzini -, si è sviluppata negli anni e ha interessato anche Siena e Pisa, tanto che dal 2010 i tre poli si sono uniti per creare il Polo Universitario Penitenziario Toscano, l’esperienza di insegnamento accademico in carcere più rilevante in Italia. A Prato sono attivi corsi di studio professionali e artistici e il prossimo anno si aggiungerà una sezione dell’indirizzo alberghiero alla Dogaia. In ambito artistico e culturale è oramai decennale la collaborazione con la compagnia di Teatro Metropopolare. Tra i progetti che saranno potenziati in ambito di avviamento al lavoro c’è la creazione di una officina meccanica: i corsi tenuti gratuitamente da meccanici della zona hanno già portato a un paio di richieste di lavoro in favore dei detenuti della Dogaia.