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Escalation di suicidi in carcere nel giro di pochi giorni. L’ultimo suicidio avvenuto nel carcere di Salerno il primo di novembre ha decretato, con due mesi di anticipo, il triste sorpasso rispetto all’anno scorso. Ad oggi risultano 53 suicidi dall’inizio dell’anno a fronte dei 52 di tutto il 2017. Una conta macabra delle nostre patrie galere che è sintomo delle criticità del sistema penitenziario. È il garante dei detenuti della regione Campania, Samuele Ciambriello, a denunciare l’insostenibile istituzione carceraria, dando notizia relativa all’ultima tragedia che riguarda una detenuta ristretta nella sezione femminile del carcere di Salerno. L’ottavo suicidio dall’inizio dell’anno nella solo regione Campania. «È la prima donna a suicidarsi in Campania, dove dall’inizio dell’anno già sette detenuti si sono tolti la vita. Il carcere deve servire a rieducare non a togliere la vita, o a restringere diritti ed annullare la dignità». Queste sono le amare parole del Garante campano delle persone private della libertà che dà anche la notizia di un tentato suicidio verificatosi ieri nel carcere di Avellinio. Parliamo di un 40enne Pellegrino Pulzone, in carcere per omicidio, che dopo un periodo di osservazione psichiatrica nel carcere di Sant’Angelo dei Lombardi, era rientrato sabato scorso ad Avellino. Ciambriello sull’accaduto racconta che «il personale intervenuto sia di polizia penitenziaria che sanitario, è stato davvero bravo ed immediato nei soccorsi salvando il detenuto che adesso è in rianimazione all’Ospedale di Avellino».
Dopo i sucidi molti operatori penitenziari e sindacati di categoria chiedono sia più assunzioni sia il restringimento di libertà, la chiusura delle celle, del regime aperto per i detenuti e il superamento della vigilanza dinamica. Per il garante campano Ciambriello sono temi fuorvianti perché «Il ministero ha destinato appena 73mila euro per il trattamento dei detenuti campani, su una popolazione detenuta di 7642 persone, ci sono solo 95 educatori, 43 psicologi ministeriali e una ventina di psicologi e pischiatri delle Asl per i 15 istituti campani. Oltre al potenziamento delle figure sociali di educatori, assistenti sociali, psicologi, c’è bisogno di una maggiore formazione specifica per la polizia penitenziaria e l’area educativa. Tra l’anno scorso e quest’anno i tentativi di suicidio nelle carceri campane hanno superato il numero di cento. Il tema della prevenzione dei suicidi non può essere ristretto alla riflessione e alla responsabilità di chi si trova a gestire il carcere ma richiama alla responsabilità il mondo della cultura, dell’informazione, della politica e della magistratura, perché la perdita di giovani vite ad un ritmo quasi settimanale sia assunta sia nella sua drammaticità come effettiva riflessione che come operatività negli interventi alle marginalità individuali e sociali».
Un allarme che riguarda tutto il sistema penitenziario nazionaole. Qualche giorno, prima, esattamente il 30 ottobre, si è verificato un altro suicidio. Questa volta al carcere di Grosseto, dove un detenuto di 66 anni, Pasquale Trillicoso, si è tolto la vita. Un gesto che nessuno si sarebbe aspettato visto che era considerato un detenuto modello. Un definitivo che in carcere lavorava, era condannato a 5 anni per scippo e rapina e gli restava da scontare circa 1 anno. Un gesto ritenuto imprevedibile dal sindacato della polizia penitenziaria Fns Cisl che ne ha dato la notizia. «Quanto accaduto - sottolinea il segretario Regionale di Fns Cisl Paolo Rauccio - ripropone il tema del sovraffollamento dei detenuti nei penitenziari e la contestuale carenza di Personale di Polizia Penitenziaria che – a causa di tale condizione di carenza - vede tanti reparti vigilati da un solo agente, magari contemporaneamente per più piani diversi degli edifici». Proprio agli inizi di ottobre, il garante dei detenuti della regione Toscana, Franco Corleone, ha denunciato il rischio sovraffollamento e non solo. Siamo di fronte a un aumento dei detenuti in tutta Italia, incluso in Toscana – ha spiegato nel corso di una conferenza stampa -. Il rischio del sovraffollamento comincia ad essere all’orizzonte. Occorre cambiare la vita quotidiana negli istituti, ma al tempo stesso bisogna avere più coraggio per le uscite dal carcere dei tossicodipendenti. È un compito affidato alla magistratura di sorveglianza e dobbiamo spingere affinché ci sia molta consapevolezza della gravità della situazione». Il sistema penitenziario toscano è afflitto da numerose criticità: «Abbiamo un elenco lunghissimo di questioni aperte – ha richiamato l’attenzione Corleone -. Nelle prossime settimane terremo un incontro con il provveditore dell’amministrazione penitenziaria per presentare un calendario che definisca i tempi per realizzare gli interventi stabiliti». Perché, ha fatto notare, «ci sono molte buone intenzioni, ma non si realizzano le cose nei tempi previsti. Abbiamo, ad esempio, l’incognita della cucina dell’ala ad alta sicurezza a Livorno, che si trascina ormai da due anni». Problemi enormi che vedono impegnata in prima fila l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini giunta al 18esimo giorno dello sciopero della fame per chiedere al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di essere ricevuta e instaurare un dialogo sulla questione urgente riguardante il sistema penitenziario,
SOVRAFFOLLAMENTO E BAMBINI DIETRO LE SBARRE
Intanto il sovraffollamento carcerario, al livello nazionale, è destinato ancora a crescere. Al 31 ottobre, secondo i dati aggiornati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, risultano 59.803 detenuti. Un risultato che fa registrare 9.187 detenuti oltre alla capienza regolamentare che risulta, ufficialmente, di 50.616 posti. Al 30 settembre, invece, erano 8.653 i detenuti in più. Ancor prima, ad agosto, erano invece 8.513 i ristretti oltre i posti disponibili. I numeri del sovraffollamento risulterebbero addirittura maggiori se si sottraessero dai posti disponibili circa 5000 celle inagibili che, invece, vengono conteggiate nei 50.622 posti disponibili. Il sovraffollamento quindi è destinato ad aumentare nonostante che nel passato, grazie a diverse misure adottate dopo la sentenza Torreggiani, si sia ridimensionato. Di fronte all’emergenza, la politica, vecchia e nuova, risponde con la costruzione di nuove carceri che puntualmente non bastano mai. Motivo per il quale, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ( Cpt) sottolineò che costruire nuove carceri per risolvere il problema del sovraffollamento non è la strada giusta, perché «gli Stati europei che hanno lanciato ampi programmi di costruzione di nuovi istituti hanno infatti scoperto che la loro popolazione detenuta aumentava di concerto con la crescita della capienza penitenziaria». Viceversa, «gli Stati che riescono a contenere il sovraffollamento sono quelli che hanno dato avvio a politiche che limitano drasticamente il ricorso alla detenzione».
Ancora rimane la permanenza dei bambini dietro le sbarre. Sono 42 le mamme detenute che hanno un totale di 50 figli al seguito, diciannove dei quali sono in carcere. mentre il resto dei piccoli sono negli Istituti a custodia attenuata che rientrano, però, sempre dentro il perimetro penitenziario. Anche in questo caso, la soluzione del guardasigilli è una sola: costruire più Icam e non rendere più fruibile la detenzione domiciliare come prevedeva la riforma originaria.