«Ciò che mi turba sono le modalità con cui la stampa è venuta in possesso dei nomi degli indagati. Anzi, mi permetta, dei nomi degli innocenti sottoposti ad indagini penali. Sì, perché sia chiaro: quelle persone, i cui nomi con l’età anagrafica hanno avuto grande diffusione in tutti i giornali palermitani, sono innocenti e lo saranno finché non vi sarà una sentenza di condanna definitiva». A scriverlo è il Presidente dell’Ordine degli avvocati di Palermo, Dario Greco, che in una lettera indirizzata al direttore della testata online LiveSicilia denuncia la gogna mediatica a cui sono stati esposti i sette ragazzi arrestati per lo stupro di gruppo di una 19enne palermitana, avvenuto il 7 luglio in un cantiere del Foro italico e denunciato subito dalla ragazza.

Una vicenda che «nella sua drammaticità, fa accapponare la pelle e provoca un indubbio senso di disgusto per la viltà e la brutalità del crimine», sottolinea Greco. Che pur rispettando «la scelta libera della stampa libera», difende le necessarie garanzie poste a tutela dell’indagato. «Perché diffondere i nomi? Quale necessità, se non quella di una gogna mediatica, di una condanna pubblica anticipata rispetto al processo», conclude il presidente del Coa di Palermo. Il quale è consapevole di assumere una posizione «controcorrente», eppure inevitabile, per chi ha «il tarlo della difesa di tutti, degli emarginati, dei negletti, degli ultimi, degli indifesi e, finanche, degli indifendibili» per i quali si invocano pene esemplari.

Proprio la scarcerazione di uno degli indagati, l’unico ancora minorenne al momento dei fatti, ha sollevato ieri diverse polemiche. Preso atto delle ammissioni rese dal ragazzo, il Gip del tribunale dei minorenni di Palermo ha infatti revocato l’ordine di custodia cautelare e ne ha disposto il trasferimento in comunità. Una decisione contro la quale la procura dei minori ha presentato ricorso al tribunale del Riesame, nella convinzione che il ragazzo - inchiodato dal materiale raccolto dagli investigatori - abbia confessato soltanto ciò che non poteva negare.

«La castrazione chimica, in via sperimentale, anche in Italia potrebbe servire come dissuasione contro chi non definisco neanche bestie», tuona il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.

Mentre il governatore siciliano Renato Schifani propone di «allungare o raddoppiare i termini della carcerazione preventiva» quando si sia «in presenza di reati di allarme sociale in cui la prova è acquisita in modo inoppugnabile, sia sotto il profilo documentale sia sotto quello delle intercettazioni delle conversazioni» tra i ragazzi. A chiedere «misure esemplari» è anche Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera. Il quale si augura che «la ferocia inaudita» subita dalla vittima «sia punita in modo inflessibile e con tutte le aggravanti che merita, compresa l’imputazione associativa».