A due mesi dalle elezioni generali, e trascorsi una venticinquina di giorni dal voto municipale ed europeo, la Spagna si trova in una situazione piú incerta che mai, con l’ipotesi reale di un ritorno al voto. Sabato scorso si sono costituiti i consigli municipali di piú di ottomila comuni, i rimanenti saranno costituiti questa settimana.

Il PSOE, il partito di Pedro Sánchez, ha preso piú voti ma, con un patto tripartitico, le tre forze di destra, PP, Ciudadanos e gli estremisti di Vox, sono riusciti ad aggiudicarsi diversi comuni in bilico tra i quali quello con piú peso politico ed economico della capitale Madrid. Ma facciamo un passo indietro.

A seguito delle elezioni nazionali del 28 aprile, il PSOE ha gridato alla vittoria principalmente per tre fattori. Il primo: che il PSOE aveva aumentato il bottino di due milioni di voti rispetto alle elezioni del 2016. Il secondo punto era che il Partito Popolare ( PP) aveva conosciuto la peggior sconfitta di sempre da trent’anni a questa parte, perdendo più di tre milioni e mezzo di voti rispetto al 2016.

Il terzo fattore era che la controparte di sinistra, Unidas Podemos di Pablo Iglesias, aveva subito un tracollo perdendo quasi 2 milioni di voti rispetto al 2016, e questo avrebbe dovuto ammansire le richieste del partito di sinistra al momento delle negoziazioni.

Le altre note importanti da sottolineare, per definire lo scacchiere delle consultazioni politiche a ridosso delle elezioni del 28 aprile, riguardano il partito di centrodestra capitanato da Albert Rivera. Ciudadanos ha quasi raggiunto per voti e per seggi in parlamento lo storico partito di destra, il PP, divenendo quindi un ago della bilancia cruciale.

E poi c’è l’ascesa del partito Vox di estrema destra, nato da alcuni dissidenti del PP nel 2013. Nel 2016 Vox aveva sommato complessivamente 48mila voti su suolo nazionale. Meno di due mesi fa Vox ha raccolto piú di 2milioni e mezzo di voti, con 24 seggi in parlamento. Ma nonostante tutte queste “buone notizie” per il partito socialista di Pedro Sánchez, il PSOE è ben lungi dal possedere la maggioranza in parlamento e le consultazioni con le altre tre forze politiche principali, PP, Ciudadanos e Unidas Podemos, non arrivano a nessun punto di svolta.

Due settimane fa il Re Felipe VI ha incaricato Pedro Sánchez di formare un governo ma i numeri ballano terribilmente.

La maggioranza assoluta nel parlamento spagnolo é di 176 seggi. Il PSOE da solo ne ha 123. Con i seggi “dell’alleato di sinistra” Pablo Iglesias ( 42), Sánchez arriverebbe a 165 seggi. Sarebbe un punto di partenza per poi negoziare con altre piccole forze politiche: il PNV ( Partito Nazionalista Basco) che chiede che non si stringano patti con il centrodestra. Compromís ( Partito Nazionalista e Ecologista Valenciano) reclama un cambio nei finanziamenti della regione autonoma di Valencia. Il PRC ( Partito Regionalista de Cantabria) chiede che l’AVE ( il treno ad alta velocitá) raggiunga la regione cantabrica. Navarra Suma ( Partito Regionalista della Navarra che accorpa membri di centro destra di vari partiti) chiede ai socialisti che si astengano ( questo mercoledí) per permettere al candidato municipale di essere eletto in cambio di due voti nel parlamento nazionale.

E poi c’è ERC, il partito indipendentista di sinistra di Catalogna, il cui presidente Oriol Junqueras è in carcere. ERC ha ottenuto un ottimo risultato a livello nazionale e municipale con ben 15 seggi in parlamento. Sembrava disposto ad appoggiare Sánchez durante la seconda votazione astenendosi, ma gli eventi di sabato che hanno portato Ada Colau alla rielezione a Barcellona, hanno infastidito non poco il partito indipendentista. La sfida tra la Colau e Maragall, il candidato di ERC, é stata vinta infatti dalla sindaca uscente grazie a un patto con Ciudadanos, partito di centrodestra.

Pochi giorni fa Pedro Sánchez aveva richiamato alla lungimiranza civile e al senso etico le tre forze fondamentali, assicurando che un ritorno alle urne sarebbe un danno per tutta la Spagna, e spostando la pressione sulle spalle di Pablo Iglesias e su quelle dei due partiti di destra, il PP e Ciudadanos.

Ma il richiamo all’accortezza non ha subito gli effetti desiderati e in primis quello che dovrebbe essere il suo alleato naturale, Unidas Podemos, nonostante il pessimo risultato elettorale, non ha abbassato le sue pretese di governo. Pablo Iglesias ha dichiarato infatti che senza un accordo previo di coalizione punto per punto, senza ministri di Unidas Podemos nel governo, non sará appoggiata l’elezione di Pedro Sánchez.

Dall’altra parte della barricata inoltre, PP e Ciudadanos affermano che non voteranno “astensione” nella seconda votazione in parlamento per favorire l’elezione di Pedro Sánchez, e questo é un altro problema che gli uomini del PSOE dovranno risolvere calcolatrice alla mano, prima di arrivare al giorno fatidico.

Stando le cose esattamente come in una partita di Risiko, i patti, gli accordi sottobanco, le invidie e le gelosie, le dichiarazioni di amicizia e antipatia, le mezze veritá e le bugie si rincorreranno giorno per giorno fino alla mattina stessa della investitura, la cui scandenza massima è il 21 luglio.