PHOTO
camera deputati salvini meloni
Ora vuole riprendersi “tutto quello che è suo”. O almeno ciò che ritiene tale: i voti che Giorgia Meloni gli ha sottratto all’ultimo giro elettorale. Il vice premier Matteo Salvini non ha alcuna intenzione di fare il “secondo”, se non il terzo, della squadra di governo e rimette addosso i panni del “capitano” per capitalizzare al massimo l’esperienza ministeriale. Obiettivo: ritornare ai fasti precedenti al Papeete, quando il segretario della Lega scaldava le pance dell’elettorato al grido «porti chiusi» e «prima gli italiani».
Un repertorio di successo che la richiesta di “pieni poteri”, la pandemia e Meloni sono stati in grado di sottrargli, insieme alla credibilità e al consenso. Così, il ministero delle Infrastrutture, ai tempi d’oro appartenuto a Toninelli, si trasforma d’incanto nel palcoscenico propagandistico che nessuna campagna elettorale potrebbe eguagliare, un pulpito da cui ricominciare a pontificare senza curarsi troppo del contesto istituzionale. L’obiettivo è sfruttare quella cassa, quell’amplificatore, per far arrivare il messaggio più lontano: porti blindati ai migranti (anche se quella delega la premier vorrebbe assegnarla al ministro del Mare), Ponte sullo Stretto (un evergreen di vent’anni di berlusconismo), ma anche flat tax e rottamazione delle cartelle esattoriali. E pazienza se a dettare la linea da Palazzo Chigi c’è un’altra leader.
Salvini va dritto per la sua strada e imposta la sua agenda che, ribadisce, è l’agenda di tutto il centrodestra. «Dallo stop alla Fornero (pagina 10 del programma elettorale del centrodestra) alla pace fiscale (pagina 5), dalla Flat tax (pagina 5) al Ponte sullo Stretto (pagina 3), dalla difesa dei confini (pagina 7) al contrasto al traffico di esseri umani (pagina 7)», dice il ministro delle Infrastrutture a chi, tra gli alleati, gli fa notare che a stabilire le priorità dovrebbe essere la presidente del Consiglio e non lui. «È tutto nel programma di governo premiato da milioni di italiani. La sinistra e i suoi giornali si rassegnino: con Giorgia e Silvio passeremo dalle parole ai fatti con buonsenso, fiducia e determinazione», aggiunge, attribuendo alla stampa la responsabilità di creare dissapori lì dove regnerebbe l’armonia.
Eppure è il ministro della Sovranità alimentare, e braccio destro di Meloni, Francesco Lollobrigida, a ridimensionare le aspettative dell’alleato: «Speriamo di riuscire a raggiungere tutti gli obbiettivi del programma nei prossimi 5 anni. Compatibilmente con le tante emergenze che dobbiamo affrontare», dice l’esponente di Fratelli d’Italia alla Stampa, commentando l’intraprendenza del titolare delle Infrastrutture.
Ma il capitano non intende affatto mollare la presa e convoca subito un vertice di partito sui temi economici ( presente anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti) per discutere dei cavalli di battaglia del Carroccio: superamento della legge Fornero, estensione della flat tax, interventi strutturali sulle cartelle esattoriali, revisione del reddito di cittadinanza.
Ma è su altri temi che la propaganda salviniana intende battere con maggiore intensità per rientrare subito nel cuore degli italiani: immigrazione e grandi opere. Sul primo punto i leghisti mostrano subito di voler fare sul serio e col ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (tecnico d’area) mettono immediatamente nel mirino le navi da soccorso di due Ong: la Humanity 1 e la Ocean Viking ( che fanno riferimento rispettivamente, alle ong Sea Watch e Sos Mediterranee) per le quali il titolare del Viminale si accinge a mettere il veto all’ingresso nelle acque territoriali italiane.
Il motivo? Le operazioni di soccorso delle due imbarcazioni sono state svolte «in piena autonomia e in modo sistematico in area Sar senza ricevere indicazioni dall’Autorità statale responsabile di quell’area Sar, Libia e Malta, che è stata informata solo a operazioni avvenute». Applausi dal “capitano” già in trincea per difendere la delega sui Porti: «Bene l’intervento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a proposito di due ong: come promesso, questo governo intende far rispettare regole e confini», commenta Salvini.
Che poco prima aveva rilanciato un’altra vecchia idea del centrodestra italiano per indorare la pillola a un Sud che guarda con sospetto all’autonomia differenziata tanto cara al Carroccio: «La prossima legislatura potrà e dovrà essere, dopo quarant’anni di parole, quella che passerà finalmente ai fatti, unendo Sicilia e Calabria, creando lavoro vero e inquinando di meno. Questo uno degli impegni del mio Ministero», è la promessa più rumorosa di Salvini, convinto che annuncio dopo annuncio riuscirà a riprendersi “quello che è suo”: i voti che Giorgia Meloni gli ha strappato di mano.