L’ennesimo colpo di scena manda in tilt il Movimento 5 Stelle. La giravolta di Matteo Salvini - che «dopo aver riflettuto a lungo», chiede al Senato, dalle colonne del Corriere, di negare al tribunale dei ministri «l’autorizzazione a procedere» sul caso Diciotti - rischia di centrare un solo obiettivo: sfasciare il partito di maggioranza relativa. Sì, perché se qualcuno tra i grillini comincia a parlare di possibilità di deroga all’intransigenza pentastellata in materia di autorizzazioni a procedere in nome di una nobilissima ragion di Stato, qualcun altro si irrigidisce, fedele al vecchio adagio «male non fare, paura non avere». La contrapposizione interna questa volta è trasversale, fuori dal consueto schema: “ortodossi” contro “governisti”. E proprio per questo potrebbe sfuggire a ogni controllo dall’alto. A invocare coerenza non sono, infatti, solo i seguaci di Roberto Fico, ma anche esponenti dell’esecutivo vicini a Di Maio. Come il sottosegretario agli Esteri, Manlio di Stefano, che sulla vicenda Diciotti prende della svolta salviniana ma «noi del M5S siamo abituati a lavorare con la coerenza. Abbiamo sempre detto che l’autorizzazione ai giudici va data, la diamo sempre», precisa, prima di suggerire una possibile via d’uscita politica all’impasse: «Credo che Conte e Di Maio debbano essere parte del processo perché le scelte fatte sull’immigrazione sono scelte collegiali del governo». Del resto, «Di Maio ha detto che andrà a testimoniare», argomenta Di Stefano.

La linea suggerita dal “vice” di Enzo Moavero Milanesi piace subito al ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che già di primo mattino la fa sua in diretta Tv. Quella sulla nave Diciotti è stata una decisione «che abbiamo preso insieme io, Salvini, il presidente del Consiglio e l’intero governo italiano del cambiamento», dice l’esponente pentastellato. «Come ministro sono responsabile della navigazione, sotto la mia responsabilità si muovono le imbarcazioni fino all’attracco». Dunque, «se processano Salvini devono processare anche me e tutto il governo perchè Salvini ha preso una decisione collegiale», ci tiene a sottolineare Toninelli.

Luigi Di Maio però avverte aria di ammutinamento e prova a parlare in serata con i membri della Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato per sondare il terreno. Ma non servono particolari doti politiche per avvertire il disagio di molti senatori davanti al nuovo scenario. Soprattutto chi vanta anni di militanza alle spalle fa fatica ad accettare la posizione suggerita dall’onorevole Emilio Carelli in virtù delle condizioni mutate: «Nel Movimento 5 Stelle esiste una prassi, si vota sì all'autorizzazione a procedere. Ma quella della Diciotti è stata una decisione collegiale che ha investito tutto il Governo.

Credo che Conte e Di Maio dovrebbero autodenunciarsi», dice il deputato grillino ed ex direttore di Sky Tg 24, prima di aggiungere: «Dobbiamo riflettere bene se votare sì o no all'autorizzazione per Salvini». Non c’è nulla su cui riflettere, invece, per Luigi Gallo, presidente M5S della commissione Cultura alla Camera, che su Facebook spiega il suo punto di vista senza fronzoli. «Salvini deve essere processato perché la legge è uguale per tutti», è l’incipit. «Siamo stati e saremo sempre contro i privilegi della Casta, anche quando, e a maggior ragione, quei privilegi possono essere usati dai membri del nostro stesso governo».

I grillini sembrano disorientati, è come se a confrontarsi sul destino giudiziario del ministro dell’Interno fossero esponenti di schieramenti opposti. E qualcuno prova ad appigliarsi alle antiche soluzioni per dirimere le contese: una consultazione on line. Ma lo strumento principe del Movimento nato sul web sembra non addirsi più a una forza di governo e anche l’ipotesi democrazia diretta viene scartata dai vertici pentastellati.

E mentre i cinquestelle si logorano sulla posizione da assumere in Aula, le opposizioni di destra e di sinistra vanno all’attacco. Pur dichiarandosi contrario alle «scorciatoie giudiziarie» per battere gli avversari politici, il candidato segretario del Pd, Nicola Zingaretti, vuole precisare «tre cose» sulla vicenda Diciotti: «Tutti devono essere uguali di fronte alla legge, non ho mai creduto all’impunità per i potenti; quando ci sono accuse ci si difende nei processi non dai processi, e questo, ripeto, vale per tutti; la difesa dell’interesse nazionale non c’entra nulla: in realtà il ministro Salvini ha paura», dice il governatore del Lazio. Il capo della Lega teme per la legge Severino, secondo Zingaretti, perché «se venisse condannato, potrebbe essere costretto alle dimissioni. Mai nessuno può essere al di sopra della legge o pretendere l’impunità» . Diverso, ovviamente, l’atteggiamento di Forza Italia, pronta a schierarsi al fianco di Salvini. «Ora che anche i grillini si pongono dubbi, anziché chiedere di essere processati con Salvini - la qualcosa fa un po’ ridere - votino no all’autorizzazione a procedere, perché questo suggerisce la Costituzione quando si ha la certezza di aver agito nell’interesse dello Stato», dice la presidente dei deputati di Forza Italia, Mariastella Gelmini. «Daremmo loro il benvenuto nella civiltà giuridica», chiosa. Di Maio, per una volta, può scegliere di comportarsi in Aula come si comporterebbe Berlusconi.