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«Il corpo non può essere né in vendita né in affitto». Dopo le contestazioni che l’hanno costretta a lasciare il Salone del Libro, la ministra della Famiglia Eugenia Roccella difende, dialogando in diretta Facebook con Francesca Spasiano del Dubbio, la scelta del governo di rendere quello della maternità surrogata un reato universale. E lo fa escludendo qualsiasi possibilità di fine altruistico dietro la scelta di condurre una gravidanza per altri, trattandosi di un «contratto» e, dunque, di «un mercato».
Maternità surrogata reato universale
Alcune pratiche, più che di procreazione assistita, sono tecniche di «spezzettamento del corpo» e, dunque, una pratica di mercato. In Commissione Giustizia è incardinata una proposta di legge per rendere la maternità surrogata un reato universale. «Si tratta di perseguire il reato, perché per la legge italiana è un reato, non è mai stato perseguito. Anzi, in qualche modo è sempre più legittimato – ha sottolineato la ministra -. Ci sono persone famose che raccontano del fatto di aver fatto ricorso alla maternità in un altro Paese e sono tornati facendo servizi sui rotocalchi raccontando di quanto sia stata una esperienza felice. Sicuramente lo è stata per loro, non so quanto lo sia per la donna che ha firmato il contratto e mi farebbe piacere che le persone sapessero con altrettanta dovizia di particolari e di sensibilità per i sentimenti della donna cosa significa la maternità surrogata, quali i contratti, quali sono le condizioni per una donna deve rispettare».
«Mi sembra un orizzonte abbastanza angosciante – ha aggiunto – quello di una maternità che entra nel mercato. Tanto che ci sono le fiere su questo, non solo quella di Milano, ma in tutte le capitali Europee. Il corpo materno viene fatto a pezzettini e immesso all’interno di un sistema di marketing. La maternità è per contratto e mi sembra un orizzonte molto grave».
Guarda l’intervista alla ministra Roccella:
Il diritto all’aborto
«C’è una legge, la 194, che dà le regole, le norme per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Questa si applica da 30 anni e questo governo non ha mai avuto intenzione di toccare questa legge. Lo abbiamo detto in maniera ossessiva, perché ce lo chiedono in maniera ossessiva», ha spiegato la ministra. «La relazione che ogni anno viene trasmessa al Parlamento sull’attuazione della legge 194 e questa relazione racconta che non ci sono problemi di accesso all’aborto. Il carico di lavoro per i non obiettori è di un aborto a settimana – ha sottolineato – e quindi evidentemente il problema non è, come a volte si pensa, la percentuale totale di obiettori, ma il rapporto tra chi fa gli aborti e il numero di aborti richiesti. Quindi se non c’è un carico di lavoro eccessivo per chi fa gli aborti vuol dire che l’obiezione non è un problema per l’accesso all’aborto».