Nessuna norma di rango primario per la coercizione dei migranti rimpatriati forzatamente, problemi di barriera linguistica e altre criticità che inevitabilmente rischiano di violare i diritti fondamentali. Il Garante nazionale delle persone private della libertà ha pubblicato il terzo rapporto sulle operazioni di rimpatrio forzato dei migranti irregolari, effettuati tra luglio 2021 e settembre 2022 verso cinque paesi diversi: Tunisia, Nigeria, Egitto, Albania e Georgia.

L'obiettivo principale del rapporto è quello di fornire una valutazione completa dell'attività svolta e delle azioni messe in campo dall'amministrazione responsabile. Inoltre, il rapporto cerca di rendere trasparente il processo di rimpatrio forzato, un'operazione che per sua natura non è sotto lo sguardo della collettività.

Il Garante Nazionale è l'unica autorità nazionale non coinvolta direttamente nell'operazione di rimpatrio forzato che può seguire direttamente tutte le fasi dell'operazione, compresa quella del volo. Il monitoraggio del volo di rimpatrio verso la Tunisia del 19 maggio 2016 è stato il primo avviato dal Garante Nazionale in Italia.

Il rapporto sottolinea che, nonostante siano state fornite diverse raccomandazioni e standard negli anni, esistono ancora alcune criticità di fondo. L'aspetto di maggiore criticità riguarda il fatto che le regole dell'attività di rimpatrio forzato da parte della Polizia di Stato sono in larga parte definite da semplici circolari e disposizioni interne e non da fonti normative di rango primario. Questo ha inevitabili ricadute sulla disciplina compiuta del possibile ricorso all'impiego della forza e sulla mancanza di disposizioni operative sui controlli di sicurezza.

Una delle criticità che merita particolare attenzione riguarda la tutela della salute delle persone sottoposte a rimpatrio attraverso un'adeguata assistenza sanitaria. Il rapporto sottolinea l'importanza di considerare attentamente le condizioni di salute della persona da rimpatriare e l'implementazione di interventi tempestivi su più livelli, in relazione all'adeguatezza del volo e al rischio di gravi effetti nocivi per la discontinuità terapeutica nel paese di arrivo.

In generale, il rapporto del Garante Nazionale cerca di affrontare le criticità riscontrate durante le operazioni di rimpatrio forzato dei migranti irregolari e di promuovere la trasparenza e la qualità del processo di rimpatrio forzato in Italia. Entrando nel merito del rapporto, bisogna prima ricordare che il rimpatrio forzato è una pratica utilizzata per far ritornare un cittadino straniero nel proprio paese di origine contro la propria volontà. Tale pratica solleva numerose questioni etiche e legali, poiché il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti non può essere trascurato.

Inoltre, il Garante evidenzia che l'utilizzo della forza e dei mezzi di coercizione durante l'operazione richiede una specifica disposizione di legge che ne regoli compiutamente le relative modalità, prescriva la tipologia degli strumenti di coazione previsti nell'equipaggiamento in dotazione al personale di scorta, il regime di applicazione, il personale autorizzato, gli aspetti di tutela della salute e gli obblighi di comunicazione e registrazione dell'evento. Inoltre, come ha osservato il Garante, l'insieme di fonti non primarie che circondano il rimpatrio forzato nel nostro sistema è sostanzialmente inadeguato e lacunoso.

L'utilizzo della forza e dei mezzi di coercizione durante l'operazione richiede una disposizione specifica di legge, tipizzata per tali operazioni, che ne disciplini compiutamente le relative modalità e prescriva la tipologia degli strumenti di coazione previsti nell'equipaggiamento in dotazione al personale di scorta, il regime di applicazione, il personale autorizzato, gli aspetti di tutela della salute, gli obblighi di comunicazione e registrazione dell'evento. In questo senso, è utile confrontare l'approccio del nostro sistema con quello di altri paesi europei.

La Direttiva 115/ 2008 CE sulla direttiva rimpatri, ad esempio, prevede degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all'allontanamento congiunto per via aerea degli Stati membri. Inoltre, la Commissione europea ha curato un Manuale per garantire uniformità nell'attuazione delle norme e delle procedure, adottato nel 2015 e aggiornato nel 2017 con la Raccomandazione (UE) 2017/ 2338.

Il Garante Nazionale ha sottolineato l'importanza delle garanzie previste dall'articolo 13 della Costituzione nel caso di pratiche di contenimento. Nel caso delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), la Corte costituzionale ha recentemente chiarito che gli artt. 13 e 32, secondo comma, Cost., unitamente all'art. 2 Cost. esigono che il legislatore si assuma la delicata responsabilità di stabilire - in ogni caso in chiave di extrema ratio ed entro i limiti della proporzionalità rispetto alle necessità terapeutiche e del rispetto della dignità della persona - se e in che misura sia legittimo l'uso della contenzione all'interno delle Rems, ed eventualmente quali ne siano le ammissibili modalità di esecuzione.

«Ambiti diversi – è vero – ma che spiegano quale sia la cautela che il Legislatore deve avere nell’affrontare le varie “forme” della privazione della libertà personale e la corrispondente necessaria tutela nell’attuazione di procedure che riguardano tale bene fondamentale, di cui ciascuno è titolare, indipendentemente dalla posizione soggettiva di regolarità o irregolarità e anche indipendentemente dalla doverosa necessità di portare a termine l’operazione», sottolinea il Garante nel report.

Una delle tante criticità emerse, riguarda la questione delle professionalità linguistiche nel contesto dell'attività di rimpatrio forzato. Il Garante nazionale ritiene che questa questione non sia di natura secondaria, ma piuttosto incida sui diritti soggettivi della persona. Infatti, il diritto a comprendere è fondamentale per l'esercizio effettivo di tutti gli altri diritti. In particolare, nei voli charter di rimpatrio che riguardano prevalentemente il respingimento di persone appena arrivate nel nostro Paese, è prevedibile che le persone non abbiano un'adeguata conoscenza della lingua italiana.

Ciò comporta il rischio che l'impossibilità di avvalersi di un supporto linguistico possa impedire l'esercizio dei diritti fondamentali ai rimpatriandi che non conoscono la lingua italiana o un'altra lingua veicolare familiare al personale di scorta. Nella risposta fornita al precedente “Rapporto tematico sull’attività di monitoraggio realizzata tra gennaio 2019 e giugno 2021”, viene in effetti evidenziato che «il personale di scorta che frequenta il corso di formazione per l’abilitazione ai servizi di scorta effettua una preselezione di lingua inglese e che lo straniero riceve ampia informativa in lingua comprensibile sia in Questura sia nelle strutture di trattenimento».

Il Garante nazionale accoglie favorevolmente tale indicazione, ma sottolinea che tuttora il problema permane, in quanto – come ha verificato sul campo - non tutte le persone straniere sono in grado di comprendere le principali lingue veicolari. In sintesi, l'impiego di professionalità linguistiche nel contesto delle operazioni di rimpatrio forzato è essenziale per garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona.

Il Garante osserva infine la necessità di adottare misure adeguate per garantire che il personale coinvolto in queste operazioni abbia le competenze linguistiche necessarie per comunicare efficacemente con le persone coinvolte, anche in lingue diverse dall'inglese.

Solamente in questo modo sarà possibile assicurare il pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte in queste operazioni.