I fuorionda sono la schiuma del già successo. Quello di Graziano Delrio non fa eccezione: lo sanno tutti che è da quando Matteo Renzi ha vinto le primarie e conquistato la leadership che nel Pd si è creato un problema grosso come un macigno e il dialogo preferito è stato quello tra sordi. Ora quel macigno usa la forza di gravità per portare a fondo l’ultima reliquia dell’Italia politica che fu: la Repubblica fondata sui partiti. Se infatti le premesse saranno rispettate, domani nel corso dell’Assemblea nazionale salvo colpi di scena e ripensamenti mai da escludere a priori nell’era del brillìo comunicazionale - la minoranza ufficializzerà l’addio e la scissione diventerà realtà. Verrà così intonato il Requiem per l’unica forza politica che della tradizione Pci- Pds- Ds, come da scioglilingua di Berlusconi, con l’aggiunta dei cascami Dc ( di sinistra) e Ppi, aveva mantenuto se non proprio i caratteri almeno le sembianze - e in molti casi perfino i riti e le liturgie - dei contenitori politici che furono. I quali per decenni sono stati fucina nella selezione della classe dirigente; palestra per carriere istituzionali; imprescindibile scuola di strategie e perizia professionale per accordi di potere. Quei partiti che nell’immediato dopoguerra, come tante volte ha ricordato Giuliano Amato, godevano di così tanta considerazione che si fecero carico di organizzare i rispettivi militanti per far funzionare servizi essenziali come l’acqua e la luce delle città ridotte in macerie; che nel boom economico erano segno distintivo di appartenenza e prestigio; che riuscirono, serrando le fila, a stoppare il terrorismo brigati- sta; che giorno dopo giorno occuparono come un batterio che si autoriproduce tutti gli interstizi della società. Fino a soffocarla.

Nell’ultimo decennio del ‘ 900 Mani Pulite aveva raso al suolo un’intera intelaiatura sistemica lasciando tuttavia in piedi il pilone più corposo: quello di sinistra. L’arrivo del Cavaliere, primo tornado di antipolitica, ha costretto i reduci della tradizione post comunista e post democristiana a fare fronte comune per contrastare l’avanzata del Nuovo, poi appassito anch’esso sotto i colpi giudiziari. I ragazzi della Fgci assieme agli ex frequentatori delle sacrestie, ciascuno con il proprio Pantheon e la propria cultura, hanno convissuto per più di un decennio. Poi è arrivato un ex ragazzo di Rignano sull’Arno ed è riuscito laddove tutti gli altri avevano fallito: come dice Paolo Gentiloni, è stato l’unico bambino che ha mangiato i comunisti. Fino ad espellerli.

La sola organizzazione politica che portava in sè come spore da conservare gelosamente i tratti dei fasti che furono è finita in frantumi: neanche l’attak invocato da Giuseppe Fioroni può riappiccicarla. Che sia un bene o un male lo giudicheranno gli elettori, quando si voterà. I partiti come ha imparato a compitarli chi ha oggi i capelli bianchi sono evaporati. Li hanno sostituiti macchine di consenso basate sul carisma di un Capo e sulla sua capacità di rapportarsi direttamente con i cittadini, saltando ogni mediazione. Ciascuna organizzata secondo modelli propri: partito- azienda; partito- sindaci; partito- algoritmo. Magari si tratta di una evoluzione. Solo che senza partiti, che della politica sono al contempo strumento e hybris, finisce soffocato anche il meccanismo democratico.

Perciò è impossibile allontanare la sensazione che adesso, incrinato il pilastro principale, l’intero edificio politico- istituzionale pencoli fino a rischiare di crollare: in quel caso, le macerie si accatasteranno coprendo anche le più spietate ambizioni di leader, leaderini, ex comici, portaborse.

Dunque che Italia sarà quella di lunedì 20 febbraio 2017? Più squilibrata, non c’è dubbio. Perchè la rottura del Nazareno, in attesa che un Parlamento sempre più balcanizzato produca una legge elettorale o rinunci definitivamente arrendendosi alla proprio impotenza, costringe tutti gli altri partiti o movimenti a fare i conti con sé stessi. Costringe Silvio Berlusconi a domandarsi se lo schema di 25 anni fa che l’ha portato all’apoteosi è riproponibile come rieditare la Pravda, che chiuse i battenti nel marzo del 1992, o riammirare in pista Ayrton Senna. Costringe Beppe Grillo e Casaleggio jr a smettere di baloccarsi con il web e a guardare in faccia il Paese che abitano perchè forse gli tocca governarlo: e non è una fake news. Costringe Matteo Renzi, più indebolito di prima, a giocare a lascia o raddoppia. E in questo secondo caso con quali idee e quali compagni di viaggio, in che modo organizzare le une e gli altri, con quale verso e con quante pieghe rimboccarsi le maniche. Costringe quelli che lasciano la casa madre per rifondare la sinistra a guardarsi allo spec- chio per comprendere se sognano i sogni della senescenza o fanno sul serio sbattendo il naso sulla realtà che quelle aspettative giorno dopo giorno rende più evanescenti.

Soprattutto la scissione è uno tsunami che strappa convenienze e smantella alibi. Se sarà così, magari risulterà anche utile. Altrimenti... buonanotte Italia. E in bocca al lupo, ce ne sarà bisogno.