Un detenuto che pesa più di 230 chili ed è del tutto incompatibile con il regime detentivo, un recluso che ha finito di scontare la pena che però è rimasto dentro in attesa di essere trasferito in una Rems, un reparto in condizioni talmente disastrate da chiederne l’immediata misura, stanze detentive in condizioni di enorme degrado che violerebbero i diritti umani. Questo è il quadro che emerge dall’ultimo rapporto pubblicato dal Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma in merito alla visita della casa circondariale di Rebibbia. La visita risale al 22 dicembre del 2016 ed era mirata a verificare le condizioni detentive del Reparto G9 e alcune situazioni particolari segnalate al Garante Nazionale relative a detenuti ristretti nel Reparto G11. In particolare il signor A. M., recluso nel reparto G11 è affetto da gravi patologie che ne hanno determinato una invalidità al 100%. A ciò si aggiunge lo stato di grave obesità - pesa oltre 230 chili - che gli impedisce di svolgere qualsiasi tipo di attività, in quanto la sua mole ostacola ogni suo spostamento dalla stanza di pernottamento. Di conseguenza sta scontando la pena in una situazione detentiva di coercizione strutturale e psicologica. Lui stesso, nel colloquio con il Garante nazionale, si è definito una persona “condannata a morte” e che quotidianamente vive l’insofferenza a vedersi sempre più enorme a causa della sua “inattività forzata” e, spesso in preda a crisi di panico per il timore di non poter ricevere le dovute cure salvavita in caso di un’emergenza. Nel rapporto, Mauro Palma ritiene che «tale criticità non sia connessa alla particolare situazione detentiva nell’Istituto “Raffaele Cinotti”, ma all’impossibilità in sé di detenere in carcere una persona con tali caratteristiche fisiche e ponderali, sia per la difficoltà di movimento che per la necessità di accadimento, oltre che per possibili emergenze che tale situazione può determinare. Pertanto, ritiene che la situazione in essere non muti anche nel caso di trasferimento ad altro istituto e che conseguentemente debba essere opportunamente valutata la possibilità di sospensione dell’esecuzione penale o quantomeno mutata la misura privativa della libertà attualmente applicata».

Dal controllo del registro “diversi detenuti” la delegazione del garante ha scoperto che il signor O. A. aveva finito la pena il 21.10.2016 ma, al momento della visita, cioè due mesi dopo, era ancora ristretto nel reparto G11, pur essendo agli atti una richiesta di scarcerazione da parte delle Autorità giudiziarie e la richiesta di relativa assegnazione presso una Rems. Per tale motivo, a dicembre, il signore aveva annunciato in una lettera rivolta alla direzione la volontà di compiere azioni di autolesionismo come segno di protesta per la mancata scarcerazione e il mancato trasferimento. Il Garante denuncia che la mancata scarcerazione e la presenza di internati in Istituti di pena rappresentano una violazione del diritto Il rapporto, redatto il 18 aprile scorso, è stato reso pubblico martedì sul sito del Garante in attesa della risposta del Dap e del ministero della Giustizia. La delegazione del Garante nazionale composta da Mauro Palma e Giovanni Suriano, componente dell’ufficio– ha visitato il carcere di Rebibbia assieme a Stefano Anastasia, garante regionale dirit- ti detenuti del Lazio. Nella visita hanno verificato le condizioni generali del reparto G9. Vengono evidenziate criticità sia strutturali che di carattere igienico- sanitarie, in violazione dell’articolo 18.1 delle Regole penitenziarie europee relativo all’assegnazione delle camere di detenzione, nonché degli standard stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura, dei trattamenti e delle pene inumani o degradanti. Pesanti infiltrazioni di umidità fin dall’ingresso; nell’atrio erano evidenti dei buchi contornati da macchie umide, da cui – secondo quanto riferito dagli agenti di polizia penitenziaria al Garante – nei giorni di pioggia colava l’ac- qua che bagnava vistosamente le pareti e il pavimento e veniva raccolta in secchi e bacinelle; il soffitto e le pareti del corridoio erano sporchi e umidi, con l’intonaco marcito a causa delle infiltrazioni, così come le mura perimetrali e i tramezzi interni dell’intera area del reparto trovati in condizioni fatiscenti; pavimento deteriorato con buche ricoperte da fogli di giornale. Inoltre, nel giorno della visita, in fondo al corridoio c’era una finestra rotta con i pezzi di vetro accessibili ai detenuti, con grave rischio di uso per atti di autolesionismo.

Nel rapporto si legge che “le stanze del piano terra adibite sia ad attività comuni che al pernottamento, erano nelle stesse condizioni: la stanza della socialità era carica di muffa sulle pareti e al suo interno vi era un tavolo da ping- pong vecchio e senza racchette, mentre da una parete all’altra erano stese delle corde che reggevano panni messi ad asciugare, trasformando la stanza di socialità in uno stenditoio. Tutta la sezione era gelida a causa del cattivo funzionamento dell’impianto di riscaldamento che – secondo quanto dichiarato dalla direttrice – quando funziona non arriva mai oltre il 30% dell’erogazione di calore prevista per riscaldare l’ambiente. Le docce comuni erano state chiuse perché non funzionanti e i detenuti della sezione erano costretti a fare la doccia in altri reparti, con evidente disagio e difficoltà nella cura dell’igiene personale. La stanza del “barbiere” è apparsa anch’essa in uno stato di totale degrado: al suo interno, oltre a un lavandino malandato, vi erano due boiler spenti e nient’altro. Condizioni pessime anche alcune stanze detentive occupate da sei persone: ognuna misura circa 27 mq, compreso il gabinetto alla turca, che è separato dalla camera da una parete fredda e trasudava muffa. Lo spazio bagno era utilizzato anche come luogo per la conservazione e la cottura degli alimenti. Alcune stanze detentive sono stare rese inagibili a causa delle condizioni degradante. Altre che sono rimaste aperte, invece, presentavano condizioni talmente inaccettabili che, secondo il parere di Mauro Palma, potrebbero essere considerate di per sé in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani. Il reparto G9 è noto alla cronaca per le evasioni avvenute l’anno scorso. Il Garante Nazionale ha visionato dall’esterno la stanza n. 12, dalla quale erano evasi nel mese di ottobre tre detenuti, e si presentava come le altre: deteriorata e carica di muffa.