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Continua il muro contro muro in Spagna mentre è partito il conto alla rovescia lungo due mesi prima che si arrivi alle terze elezioni politiche in un anno. Mariano Rajoy leader dei popolari e premier ad interim in prorogatio ormai da dicembre non riesce ad ottenere la fiducia dal Congreso spagnolo, la Camera che è spaccata in più fazioni che appaiono inconciliabili. Mercoledì il voto in cui serviva la maggioranza assoluta ha congelato senza sorprese la situazione in quei 180 voti contro e 170 a favore che si prevedevano. Rajoy infatti parte dall'accordo del suo PP con il movimento liberale Ciudadanos e con il partito delle Canarie, ma non esce dal recinto di quei 170 voti. Restano fermamente contro di lui i socialisti, Podemos e i partiti regionalisti. I quali a loro volta però non hanno i numeri per formare un governo alternativo, in quanto i socialisti escludono un accordo con i nazionalisti baschi e catalani che chiederebbero senz'altro in cambio il via libera a consultazioni indipendentiste. Allo stesso tempo Podemos e Ciudadanos ? i due movimenti che hanno scombussolato il tradizionale sistema politico spagnolo ? sono sempre più inconciliabili fra loro. Nella scorsa brevissima legislatura fu Podemos a rifiutare accordi di governo con socialisti e Ciudadanos, ora i due movimenti ripetono di escludersi a vicenda. Il portavoce parlamentare del Psoe, Antonio Hernando, ha detto di ritenere che sia "molto difficile, impossibile" che la sua formazione politica provi a formare un governo nei due mesi che rimangono fino alla necessaria convocazione di nuove elezioni, dal momento che Podemos e Ciudadanos si escludono a vicenda da un eventuale governo di coalizione. Hernando infatti ha ricordato che il Psoe ha cercato di intraprendere questa via "fino all'esaurimento" nella scorsa legislatura, con cifre "più favorevoli di quelle attuali", ma che "non è stato possibile e ora questi numeri non ci sono". Quindi in lizza resta solo Rajoy, visto che il PP si è confermato il partito più votato, ma non riesce a sfondare la soglia della maggioranza assoluta. Per formare un governo gli servirebbe che sei dei voti contrari diventassero favorevoli, oppure, in un modo un po' meno inverosimile, che 11 deputati passassero dal no all'astensione. In questo secondo caso potrebbe formare un governo di minoranza. Ma per ora nessun invocato senso di responsabilità ha aperto questa porta. Rajoy allora punta sulle prossime elezioni amministrative in un paio di regioni (Extremadura e Andalusia) per uscirne rinforzato e riuscire così a incrinare il muro dell'opposizione. Ha due mesi di tempo, altrimenti il re sarà costretto a convocare le terze elezioni dopo quelle di dicembre e di giugno. Per estremo paradosso la data del nuovo voto potrebbe essere scadenzata al 25 dicembre, ma non sarà un regalo di Natale per nessuno: al momento i sondaggi confermano che ci si ritroverebbe con uno scenario del tutto analogo all'attuale, con conseguente ulteriore ingovernabilità. In quel caso, la speranza di Rajoy è che i suoi attuali sforzi e la blindatura dell'alleanza con Ciudadanos facciano convergere su di lui un voto utile tale da fargli superare la fatidica soglia. Ma non è detto.