Pur essendo trascorsi ormai trent'anni, non riesco ancora a dimenticare quel boato fortissimo che fece tremare le possenti mura dell'antico convento dei padri domenicani annesso alla basilica di Santa Maria Novella a Firenze. Il convento ospitava dal 1920 la scuola sottufficiali carabinieri ed io quell’anno, poco più che ventenne, stavo ultimando il 44esimo corso biennale di formazione. La cerimonia di chiusura del corso, con la consegna dei gradi, era prevista per il 28 maggio.

Anche la sera del 26 maggio, pur mancando solo due giorni al termine del corso, il “contrappello” era passato puntuale alle 22.30. Ed alle ore 23.00 era risuonato il silenzio. I fumatori, o chi semplicemente non aveva sonno, come il sottoscritto, avevano aspettato che il sottufficiale di giornata spegnesse le luci ed erano andati in bagno per scambiare qualche parola con il collega che difficilmente, terminato il corso, avrebbe poi più rivisto. Le tecnologie dell'epoca non agevolano certamente i rapporti.

Poco dopo la mezzanotte, comunque, tutti erano tornati al proprio letto. La stanza era grandissima ed ospitava quasi una ventina di allievi. Il fortissimo boato, era circa l’una di notte, provocò uno spostamento d'aria che spalancò con violenza le enormi finestre che davano sul cortile principale. Le luci delle camerata si accesero immediatamente e ci fu dato l'ordine di metterci in divisa. Dopo poco, infatti, iniziò a circolare la voce che ci fosse stata una perdita di gas che aveva provocato una immane esplosione in centro.

Rimanemmo per qualche ora a disposizione e quindi ci venne detto di toglierci la divisa e tornare a letto. La mattina successiva, dopo l'alza bandiera, ascoltammo i racconti di chi era andato sul posto, in particolare del personale del quadro permanente, che descriveva macerie e distruzione ovunque proprio dietro piazza della Signoria, precisamente in via dei Georgofili, distante circa 500 metri in linea d’aria dalla nostra scuola. Ci sarebbero state anche alcune vittime. Di una bomba si iniziò a parlare solo in tarda mattina.

La notizia ci sconvolse tutti. Era difficile pensare alla cerimonia del giorno successivo. I superiori decisero che, anche se in tono minore, la cerimonia ci sarebbe stata comunque perché non doveva passare il messaggio che l’Arma subiva il ricatto dei terroristi.

Nessuna grande uniforme, allora, tutti con la divisa ordinaria e con il gonfalone del comune di Firenze listato a lutto. Si respirava però un’aria molto diversa da quella del 15 gennaio precedente quando i carabinieri del Ros avevano catturato a Palermo Totò Riina, il capo dei capi. Terminata la cerimonia ed indossati i gradi ci salutammo fra la commozione generale. Dopo qualche breve giorno di licenza avremmo raggiunto i reparti. Senza scordare mai quella notte di fine maggio del 1993.