In un paese dove il concetto di democrazia è abbastanza aleatorio, dove i tribunali completano l'iter giudiziario a tempi record (poche ore di processo con confessioni degli imputati e annunci di non ricorrere in appello), dove i sistemi giuridico e giudiziario sono totalmente sotto il controllo di quello politico, il ruolo degli avvocati assume connotati diversi dal normale.Non a caso, lo stesso governo cinese più volte ha detto che sostiene l'avvocatura come professione, ma che non può tollerare chi usa la legge per minare il sistema giuridico e politico del paese. Molti avvocati per i diritti umani in Cina, per questo ricevono finanziamenti e formazione da parte dei governi stranieri e organizzazioni no profit: per riuscire a fornire una parvenza di giusto processo ai molti oppositori considerati dissidenti e minacce alla stabilità dello Stato.Su questo solco, dopo ondate di repressione contro ogni tipo di dissidenza, da qualche tempo il governo cinese ha scagliato la sua furia contro la schiera degli avvocati difensori dei diritti civili, nel segno dell'intransigenza e della repressione senza alcuna tolleranza della linea politica del governo del presidente e segretario del partito Xi Jinping. È ormai infatti da oltre un anno, dal 9 luglio del 2015, che nel paese del dragone sono all'ordine del giorno gli arresti che riguardano per lo più avvocati. Arresti che poi vengono seguiti da processi lampo e da condanne esemplari.Nei giorni scorsi un tribunale della città di Tianjin, nel nord est della Cina, ha condannato per sovversione a tre anni di carcere l'avvocato Gou Hongguo. Nella stessa settimana era finito in carcere, nella stessa città, con una condanna a sette anni anche Zhou Shifeng, direttore di uno studio legale (difensore tra gli altri dei fedeli del Falung Gong, dell'architetto attivista Ai Weiwei e dell'intellettuale uighuro Ilham Tohti condannato nel 2014 a morte per separatismo), accusato di diffondere notizie in modo sensazionalistico allo scopo di rovesciare il partito comunista. Oltre ai legali, nei giorni scorsi condannati anche due attivisti, Hu Shingen (condannato a 7 anni e mezzo dopo una precedente condanna a 16 anni per la commemorazione della strage di Tiananmen del 1989) e Zhai Yanmin (3 anni), accusati di aver organizzato e partecipato a manifestazioni considerati sovversive. «Il loro destino - ha dichiarato Roseann Rife, direttore per l'Asia dell'est di Amnesty International - era segnato e deciso ancora prima che entrassero nell'aula del tribunale, non c'era alcuna possibilità che ricevessero un processo equo» Secondo gruppi che si battono per i diritti in Cina, in particolare il China Human Rights Lawyers Concern Group (Chrlcg) a seguito del "709 crackdown", l'ondata di arresti contro avvocati cominciata appunto il 7 luglio dell'anno scorso, 319 tra avvocati, dipendenti di studi legali, attivisti e familiari di tutti questi sono stati interessati dalla retata anti opposizione del presidente Xi Jinping. In particolare, 24 sono stati arrestati e lo sono ancora, a 39 è stato impedito di lasciare il paese, uno è posto agli arresti domiciliari, 264 sono stati detenuti in maniera temporanea o scomparsi o interrogati o convocati dalla polizia per accertamenti, 16 invece i rilasciati su cauzione. In molti casi, inoltre, le famiglie degli arrestati lamentano di non riuscire nemmeno ad avere notizie dei loro cari, di non sapere esattamente dove si trovano, in che condizioni di salute sono e di non avere il permesso di visitarli in carcere.Coloro che riescono ad essere rilasciati negoziano la libertà con confessioni forzate, imposte con violenze e torture dalla polizia cinese. E' questa la nuova frontiera mediatica del governo cinese, usata anche pochi giorni fa. Wang Yu, avvocato legata anche allo studio di Zhou Shifeng, era stata arrestata anch'essa il 9 luglio dell'anno scorso con la solita accusa di "sovversione dei poteri dello stato", che in politichese e giudiziario cinese significa essere bollato come un dissidente (è la formula normalmente usata dalla "giustizia" inquirente e giudicante del paese del dragone). Dopo un anno, il primo agosto scorso è stata ufficialmente rilasciata su cauzione (anche se è ancora di fatto sotto controllo delle forse dell'ordine cinese) dopo aver pubblicamente fatto ammenda in una intervista televisiva, accusando i suoi colleghi e forze politiche straniere.Quella della reprimenda pubblica, delle scuse televisive, della dichiarazione di sostegno ali vertici di Pechino, è lo strumento più utilizzato ultimamente dal governo cinese che ha capito l'importanza del messaggio mediatico e del suo impatto nella popolazione, dimostrando la bontà della giustizia e della polizia di quel paese. Uno strumento che, in una cornice diversa, ha usato anche il vescovo di Shanghai Taddheus Ma Daquin: consacrato vescovo ausiliario di Shanghai nel luglio 2012, durante l'omelia della stessa messa dichiarò la sua vicinanza al Vaticano e da allora è agli "esercizi spirituali", di fatto arresti domiciliari, nel seminario di Shanghai. Ma il mese scorso ha rilasciato una intervista su internet nella quale chiede scusa per il suo gesto e si dichiara nel solco della chiesa patriottica cinese contraria alla chiesa di Roma.Sicuramente, come denunciano le organizzazioni umanitarie, sono confessioni forzate, ottenute dietro minacce di repressioni e ritorsioni personali e nei confronti dei familiari, così come sono forzate anche le confessioni durante i processi o gli annunci di non ricorrere in appello. Nonostante questi gesti di buona volontà, anche una volta fuori sono guardati a vista, messi in una sorta di arresti domiciliari, viene loro impedito di comunicare liberamente, vengono controllati i loro spostamenti e registrate le loro conversazioni telefoniche o i loro movimenti via internet. Una situazione che non accenna a migliorare e che anzi negli ultimi tempi sta registrando una nuova recrudescenza.Tutta la comunità internazionale intanto sta condannando la posizione del gigante asiatico. Il portavoce del dipartimento di Stato americano, Elizabeth Trudeau, ha dichiarato che «gli Stati Uniti chiedono alle autorità cinesi di rilasciare immediatamente gli avvocati e gli attivisti in carcere, inclusi quelli già condannati. Auspichiamo che abbiano finalmente fine le restrizioni della loro libertà di movimento e quelle relative allo svolgimento delle loro attività professionali» Dura la condanna anche dell'Unione Europea, per la quale la Cina deve rispettare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Secondo le autorità di Bruxelles il modo di condurre questi arresti e questi processi da parte della Cina è contrario sia allo stesso codice penale cinese che alle leggi internazionali. Spesso agli imputati infatti non è nemmeno consentito di scegliere un avvocato di loro fiducia e alle loro famiglie non è consentito di assistere al processo.