Bisogna lavorare «per costruire un’alternativa politica a questa schiera populista al governo, un’alternativa che metta al centro i contenuti e non gli slogan». Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti è ufficialmente in campo per costruire un argine al potere grillo- leghista. E mentre le opposizioni sembrano ancora stordite, il primo cittadino ex 5 Stelle ostenta tutta la sua determinazione. Sindaco, mentre il Pd si lecca le ferite dopo le amministrative, il suo movimento, Italia in Comune, ha già eletto sindaci e consiglieri in tante piccole città italiane. Il suo progetto ha già fatto un pezzo di strada. Dove volete arrivare? Prima di tutto mi faccia chiarire una cosa, non è un mio progetto, è il progetto di un grande gruppo che ha dato vita a questa esperienza: penso al sindaco di Cerveteri Alessio Pascucci, al primo cittadino di Latina e a tanti altri. Stiamo lavorando da tanto tempo in silenzio, seguendo un percorso lineare, parlando di problemi e non di persone. Sia- mo partiti dalle basi, da una carta dei valori per far capire chi siamo all’elettorato, e da questo weekend ci dedicheremo al programma, visto che il nostro obiettivo è concludere la fase costituente in autunno. In modo da essere pronti per le Regionali del 2019. Il primo banco di prova sarà l’Emilia Romagna? Sì, c’è l’Emilia, ma anche il Piemonte. E prima ancora probabilmente ci saranno la Basilicata e la Sardegna. Gli appuntamenti elettorali del 2019 saranno parecchi, anche se purtroppo sparsi in diversi momenti dell’anno. Non ci sarà un election day, ma sarà comunque un’ottima occasione per testarsi. Cercherete alleanze o andrete per la vostra strada? Non si tratta di cercare qualcosa, di certo siamo disponibili a parlarne. A differenza di altre forze politiche, come i 5 Stelle che si sono sempre dichiarati allergici alle alleanze per poi fare il contrario, noi partiamo da una logica di governo: siamo ovviamente disponibili al dialogo, tenendo però ferma la nostra identità. Non saremo la stampella di nessuno. Italia in Comune ha una collocazione politica precisa o, come il M5S, non si dichiara né di destra e né di sinistra? Non è questione di non volersi dare una collocazione per motivi strumentali. Pensiamo che le connotazioni di campo, destrasinistra, abbiano perso un po’ di valore. I cittadini, gli elettori, sono ormai abbastanza fluidi, guardano alle proposte concrete, non gli interessa sapere se si tratta di una ricetta di destra o di sinistra. Noi vogliamo lavorare sulle proposte, non ci interessano ragionamenti troppo sofisticati e “politicamente barbosi”. Meglio non definirsi per non annoiare i cittadini? No, meglio non definirsi perché i cittadini non ragionano più con quella logica. Lei però è stato molto netto sul- la definizione del perimetro. Pronti a dialogare con tutti, da Sel a Forza Italia, tranne che col Movimento 5 Stelle e la Lega. Non già è una scelta di campo? Io mi riferivo al dialogo con i cittadini. Penso sia possibile interloquire con una fascia molto ampia di popolazione, che va dall’elettorato più moderato di Sel fino ai sostenitori di Forza Italia più vicini al centro che alla destra. È una semplice questione di principi, noi ragioniamo con chi condivide determinati punti che abbiamo inserito nella nostra carta dei valori. Quali principi rendono impossibile il dialogo Lega e 5 Stelle? Nella nostra Carta parliamo di europeismo e logiche d’accoglienza, dubito che si sposino con la visione di questi due partiti. Loro dicono “chiudiamo i porti”, noi rispondiamo “gestiamo i flussi”. Sono due visioni completamente differenti del mondo, per questo faremmo fatica a interloquire. Ma la nostra non è una chiusura a un partito, è un’impossibilità programmatica di poter discutere. Invece nel Pd sono in tanti a voler dialogare con lei, Da Calenda a Zingaretti. Non è che vogliono futuro centrosinistra? Di certo non è il mio obiettivo, non mi candido a fare questo. Ma lavoro sicuramente insieme ad altri per costruire un’alternativa politica a questa schiera populista al governo, un’alternativa che metta al centro i contenuti e non gli slogan. Tutto il resto vien da sé. L’errore del Pd è proprio questo: anteporre i nomi ai programmi, non ha senso parlare di me o di un altro. Bisogna dare risposte alternative. “Alternativa alla schiera populista” somiglia però parecchio al “fronte repubblicano” invocato da Calenda... Per me il Pd va superato, non rifondato. Noi attualmente stiamo facendo un nostro percorso, gli altri no, stanno solo annunciando un possibile percorso. Quando inizieranno a muoversi capiremo se lungo la strada si possono trovare punti di contatto. Tutto il resto mi interessa poco. Parliamo dei suoi ex colleghi di partito. Fico ha provato a ridare centralità al Movimento presentando la sua proposta sui vitalizi. Basterà per far dimenticare alla base grillina un mese di governo a trazione salviniana? Non lo so, ma dubito fortemente che il fronte di sinistra del Movimento abbia in questa fase storica grande peso. L’atteggiamento battagliero di un tempo non c’è più. Per capire cosa accadrà bisogna guardare con attenzione a ciò che si muove anche a Torino. Già, Torino. Lei entrò in rotta di collisione con un Grillo duro e puro per un inceneritore rimasto in attività, ora Appendino chiede un intervento di Di Maio per convincere i consiglieri duri e puri di maggioranza a non bocciare la candidatura di Torino alle Olimpiadi invernali del 2026. È il mondo alla rovescia? Sta accadendo una cosa semplice: quando vai a governare capisci tante cose e cambi il modo di proporti. Loro per anni hanno detto di no a tutto, comprese le Olimpiadi a Roma, ma ora che stanno a Palazzo Chigi capiscono di essere di fronte a un’opportunità, non ad un problema. E devono cambiare in fretta lo storytelling, peccato che nessuno l’abbia spiegato ai consiglieri, rimasti allo slogan precedente: “le Olimpiadi sono il male”. È una delle tante contraddizioni di un Movimento che adesso si trova a controllare anche un ministero chiave come quello delle Infrastrutture: per anni i grillini si sono opposti a tutto, a differenza della Lega che ha sostenuto tutte le grandi opere. Voglio vedere che farà Toninelli. Pare che per il reddito di cittadinanza non ci siano le risorse, almeno per il 2018. Ma senza reddito di cittadinanza cosa resta del M5S al governo? La linea la detta la Lega, loro non riescono a contrastarla perché non sono abituati. Non basta più fare discorsi su Facebook, serve lavorare.