L’Unione europea delle federazioni calcistiche ha deciso di osservare un minuto di silenzio durante le partite di mercoledì, in memoria di due tifosi di calcio svedesi uccisi lunedì a Bruxelles da un sospetto estremista musulmano. Possa il loro ricordo essere una benedizione.

I 1.300 israeliani assassinati una settimana prima dagli estremisti musulmani non erano inizialmente considerati motivo sufficiente per un minuto di silenzio, sebbene Israele appartenga alla UEFA. Solo l’intervento all’ultimo minuto del presidente della Federcalcio israeliana Moshe Shino Zuares ha fatto sì che la UEFA cambiasse la sua decisione.

Dopo la strage, infatti, nel mondo del calcio infuria una piccola guerra. Molte delle sue stelle sono musulmane o arabe, alcune addirittura sostengono Hamas. Un vasto pubblico musulmano e arabo segue loro e le loro squadre. Sono in gioco molti soldi.

Le persone nel mondo del calcio sono molto sensibili al denaro. Così è stato quando il Qatar, che sostiene il terrorismo e opprime le donne e le persone LGBTQ, ha pagato abbastanza soldi per ospitare la Coppa del Mondo, per poi imporre il suo fondamentalismo dentro e intorno agli stadi.

Il calcio non è solo un sintomo. Gran parte della risposta della sinistra occidentale ( Nord America ed Europa, esclusa la Germania) al massacro dei fondamentalisti musulmani nel territorio sovrano di Israele è stata quella che è sempre stata: automatica, pavloviana, simmetrica nella migliore delle ipotesi e per lo più anti- israeliana.

Come israeliano di sinistra ( sionista, patriottico, con un istinto di sopravvivenza), che per anni ha letto, pensato, interrogato, guardato nel vuoto e talvolta anche scritto sulla debolezza della sinistra occidentale, questa volta sono rimasto sorpreso anch'io.

Avevo ingenuamente pensato che dopo l’ 11 settembre di Al- Qaida, le atrocità di Daesh, i ripetuti massacri di massa a Parigi e gli attacchi terroristici islamici nelle città europee, una lezione sarebbe stata appresa e assorbita gradualmente. È emersa una comprensione che avrebbe dovuto essere evidente: l’Islam jihadista è il nemico del mondo e dell’umanità, e nessuna empatia o perdono può essere mostrato alla sua gente, alle loro azioni o alle loro motivazioni.

Ma sembra che siamo di fronte ad una patologia irrimediabile. Un istinto suicida, il frutto marcio della politica della colpa e della politica dell’identità. Quella variante difettosa che si è ramificata negli anni dai valori fondamentali fondamentalmente positivi ( liberalismo, pluralismo, multiculturalismo). Nel caso di Israele la follia è ancora più estesa. Qui non è questione di ipocrisia, è questione di squilibrato. Secondo la sinistra occidentale, il sangue degli israeliani è meno rosso di quello degli altri popoli. A Israele non è consentito rispondere con la forza a un’invasione dei suoi confini sovrani e al massacro di 1.300 suoi abitanti in un territorio indiscusso. E il rapimento di altri 200 nella Striscia di Gaza, dalla quale Israele si ritirò unilateralmente 17 anni fa.

Se è consentito rispondere, o prendere in considerazione una risposta, allora deve essere “proporzionale” e concentrarsi solo sugli assassini di Hamas e della Jihad islamica palestinese che da allora si nascondono nei tunnel e continuano a lanciare razzi sui cittadini israeliani. Come se questi assassini non fossero membri di un’organizzazione dominante popolare che gode di ampio sostegno e simpatia e che in ogni caso ha la responsabilità generale per i 2 milioni di palestinesi nella sua giurisdizione.

La verità è che per la sinistra occidentale il Negev occidentale è oggetto di controversia. Dopotutto, fa parte dell'esistenza di Israele, come parte del disastro della Nakba nella guerra del 1948, che gli arabi lanciarono unilateralmente, in risposta alla migrazione e all'insediamento degli ebrei in Palestina/ Terra di Israele, in seguito alla migrazione ebraica. persecuzione e sterminio in Europa.

Quindi forse è giunto il momento che la sinistra occidentale purista, disconnessa e autoindulgente smetta di dimenarsi e riformuli la sua posizione dichiarata, secondo la quale l’esistenza stessa di Israele e dei suoi cittadini è semplicemente un peccato originale che merita di essere cancellato dalla faccia della terra. E la risposta all’invasione dei confini di Israele e all’annientamento dei suoi uomini, donne e bambini non può che essere quella di porgere l’altra guancia, nella migliore dottrina euro- cristiana.