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«Carne da cannone». Così il dissidente Oleg Orlov, da qualche settimana in esilio a Berlino, ha definito i detenuti russi, che, in cambio della scarcerazione, vengono mandati al fronte per combattere nella guerra di invasione ai danni dell’Ucraina. Anche al cofondatore di “Memorial”, organizzazione insignita del premio Nobel per la Pace nel 2022, è stata fatta nei mesi scorsi la proposta indecente, nonostante la non più giovane età (71 anni): arruolati e ti metterai alle spalle il carcere. Non si tratta di onorare la bandiera, di difendere la patria, ma di fare una scelta opportunistica, che si conclude il più delle volte al fronte in maniera ingloriosa.
La politica di arruolamento dei detenuti russi da inviare in prima linea è una scelta mirata del Cremlino e dei vertici militari. Occorre un ricambio continuo per proseguire senza interruzioni l’«operazione militare speciale». Le forze armate russe devono fare i conti con le crescenti perdite e il calo del numero delle reclute. Una situazione non di poco conto: nei prossimi mesi la Russia potrebbe avere grosse difficoltà a compensare le perdite subite sui campi di battaglia. Mosca continua a negare, ma il numero dei soldati morti è in costante aumento rispetto allo scorso anno.
«Se, ad esempio – ha commentato nei giorni scorsi il colonnello Janek Kesselmann, vice comandante del “Centro di intelligence militare estone” -, il numero medio di perdite giornaliere nel luglio 2023 era di circa 600 combattenti, quest’anno potrebbe essere il doppio. Va notato che l’anno scorso i russi sono riusciti a reclutare quasi 1.500 soldati a contratto ogni giorno, mentre nel 2024 il numero è sceso a 1.000».
In questo contesto le carceri si rivelano un serbatoio prezioso per l’esercito e un’opportunità per alcuni detenuti. Come nel caso di Temirlan Eskerkhanov, condannato a 14 anni di carcere per aver preso parte alla organizzazione di un omicidio eccellente avvenuto nel 2015: quello di Boris Nemtsov, uno dei principali avversari di Putin. Eskerkhanov, secondo gli inquirenti, avrebbe coordinato la sparatoria, a poca distanza dal Cremlino, in cui venne ucciso Nemtsov e agevolato la fuga dei killer da Mosca. Una settimana fa Eskerkhanov ha firmato un contratto con il ministero della Difesa per arruolarsi; è stato graziato e così ha potuto lasciare la colonia penale in cui era recluso. Da detenuto a militare il passo è stato breve.
È di oggi la notizia, diffusa da Novaya Gazeta Europe, che Temirlan Eskerkhanov è stato assegnato ad una unità militare di guardia ai siti industriali di Mariupol. Non si tratta, dunque, di un incarico operativo al fronte, come si era ipotizzato in un primo momento. L’ex detenuto potrà beneficiare di regolari permessi per andare in Cecenia, sua regione di origine. Anche ad altre persone - Zaur Dadayev, Anzor Gubashev, Shadid Gubashev e Khamzat Bakhayev -, coinvolte a vario titolo nell’omicidio Nemtsov, è stata data l’opportunità di arruolarsi. Hanno però rifiutato l’offerta e restano in carcere.
Il reclutamento dei detenuti non è una pratica recente. Venne avviata pochi mesi dopo l’invasione dell’Ucraina. All’inizio ad attingere dalle patrie galere fu il Gruppo Wagner, che decise di ampliare i ranghi avvalendosi di persone particolarmente rabbiose da mandare a combattere contro gli ucraini. Una inchiesta di Mediazona e BBC Russian Service svelò che dal 1° luglio 2022 al 7 febbraio 2023 più di 48mila persone vennero reclutate nelle colonie penali russe con un bilancio di 17.251 morti.
In seguito anche il ministero della Difesa ha ritenuto valida l’opzione degli arruolamenti negli istituti penitenziari. Radio Liberty ha interpellato numerosi ex detenuti che hanno deciso di firmare il contratto con l’esercito e arruolarsi. Soltanto i condannati per reati di pedofilia e i carcerati affetti da Hiv sono esclusi dalla possibilità di indossare l’uniforme delle forze armate russe.
Libertà e una paga sicura. Questo binomio allettante induce i detenuti ad ingrossare le fila dell’esercito di Mosca. Ai nuovi arruolati veniva assegnata negli anni scorsi alla firma del contratto con il ministero della Difesa la somma una tantum di 195 mila rubli (circa 1.900 euro). Lo scorso 31 luglio Putin ha firmato un decreto con il quale è stata innalzata la quota forfettaria per coloro che, tra il 1° agosto e il 31 dicembre, sottoscriveranno un contratto con il ministero della Difesa per partecipare alla guerra contro l’Ucraina. La somma prevista è di 400 mila rubli.
Dal settembre 2022 le autorità russe hanno avviato una mobilitazione parziale con l’obiettivo di mandare in guerra circa 300mila persone. Sconosciuta la data della conclusione della mobilitazione: proseguirà fino alla fine della guerra. «La Russia – dice al Dubbio l’avvocato Dmitry Zakhvatov, esperto di diritti umani e difensore di molti oppositori - sta usando metodi violenti per costringere illegalmente i detenuti a essere reclutati e coinvolti in una guerra ingiustificata e ingiustificabile. È davvero singolare e paradossale che lo Stato legittimi queste pratiche illegali tramite il Parlamento, che non è mai stato eletto democraticamente, seppur presenti una parvenza di legalità ma si regge su fondamenta incostituzionali. Questo è il riflesso e, se volete, la quintessenza di tutti gli altri fenomeni che hanno avuto luogo in Russia più o meno dal 2012 in poi. A volte penso di non essere molto credibile perché vengo definito un “avvocato russo”, ma nel mio Paese non esiste la legge. Vengono attuate solo pratiche repressive».