Due riti funebri e un’ipotetica Via Crucis, per l’ultimo, intenso, saluto a Muhammad Alì. Il più grande pugile di tutti i tempi è stato celebrato come meritava. A Louisville, in Kentucky, due giorni di cerimonie si sono chiuse con una vera e propria processione, lunga ben 30 chilometri. A migliaia sono accorsi nella città natale del campione, morto la scorsa settimana a 74 anni per complicazioni respiratorie, dopo una coraggiosa lotta contro il Parkinson.Sono partiti alle 9 del mattino, le 15 in Italia, e hanno attraversato tutti i luoghi che si sono rivelati fondamentali nella sua vita: la casa dove trascorse l’infanzia ai tempi della segregazione, l’Alì Center, il Centro per l’eredità afro-americana e, naturalmente, il Muhammad Alì Boulevard, prima di arrivare al Cave Hill Cemetery per la sepoltura. Alcuni hanno scandito il suo nome, altri hanno lanciato fiori o esibito cartelloni per rendergli omaggio. Un anonimo si è impegnato a ricoprire il percorso di petali di rosa rossi.L’ex presidente Bill Clinton e il comico Billy Crystal hanno tenuto l’orazione funebre. Will Smith, Mike Tyson e Lennox Lewis hanno trasportato il feretro: l’attore si guadagnò nel 2001 una nomination all’Oscar interpretandolo sul set, mentre gli altri due ex campioni dei pesi massimi lo hanno ammirato dal ring, per quanto ha saputo realizzare dentro e fuori il quadrato che ha ospitato i loro match.Alì era nato con il nome di Cassius Clay, prima di convertirsi all’Islam. Ecco perchè il suo funerale è stato “sdoppiato”, con l’addio dei musulmani a precedere una cerimonia interreligiosa pubblica. Giovedì la “jenazah”, la preghiera islamica: 16mila persone si sono ritrovate alla Freedom Hall, l’arena in cui il pugile nel 1961 ha combattuto per l’ultima volta a Louisville, sconfiggendo Willi Besmanoff. A presiedere l’imam Zaid Shakir, co-fondatore dello Zaytuna College di Berkely in California, che rispettando le volontà della famiglia, ha fatto sì che la cerimonia rendesse onore alla sua fede. Non a caso all’ingresso, anche se aperto a tutti, è stata data la precedenza al pubblico musulmano. A stringersi attorno al feretro la moglie Lonnie, la figlia Laila e la nipotina Sydney. Tra gli ospiti presenti l’attivista per i diritti civili Jesse Jackson e uno dei più famosi manager della storia della boxe, Don King.Ieri invece la cerimonia interreligiosa è stata ospitata in un impianto sportivo, il “Kfc! Yum Center”, per accogliere i suoi tanti “tifosi”. Oltre 15mila, compresi i pochi fortunati che sono riusciti a prenotare online uno dei biglietti gratuiti andati esauriti in mezz’ora. Presenti personalità politiche e capi di stato, tra cui il re di Giordania Abd Allah II.Grande assente il presidente Barack Obama, impegnato con la cerimonia di diploma della figlia maggiore Malia. Il principale inquilino della Casa Bianca ha voluto comunque ricordarlo, in un video postato sulla sua pagina Facebook, definendolo il suo «eroe personale» e parlando del campione come the Greatest, il più grande, unico nel suo genere. Una «figura rara», capace di attirare l’immaginazione del mondo, grazie alla sua apertura, al suo essere «divertente, generoso e coraggioso». Obama, nel video, ha mostrato due oggetti che conserva alla Casa Bianca, in memoria del tre volte campione dei pesi massimi: il libro illustrato Goat-A Tribute to Muhammad Alì e un paio di guantoni da boxe autografati dal pugile. Una dichiarazione è stata letta dalla sua consigliera più stretta, Valerie Jarrett.A conquistare la scena il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Accompagnato dal genero, il ministro dell’Energia, Berat Albayrak, ha visitato la camera ardente ma nella serata di giovedì ha lasciato gli Stati Uniti offeso, perchè gli organizzatori gli hanno impedito di deporre sulla bara del campione una Kiwsa, un drappo di tela nera adornata con versi del Corano, che ricopre la Kaaba, la costruzione cubica che si trova nel centro della Gran Moschea della Mecca. Le guardie del corpo di Erdogan e gli agenti dei servizi segreti Usa avrebbero avuto alcune discussioni molto animate nei giorni di permanenza di Erdogan a Louisville. Chissà come l’avrebbe presa il diretto interessato: sarebbe tornato a indossare i guantoni per mettere d’accordo tutti?