Tre regioni in rosso e tutte le altre, più le due province autonome di Trento e Bolzano, in arancione. È questa l’Italia a colori che, da domani a domenica prossima, segnerà l’ultima settimana senza territori in zona gialla o bianca. Da lunedì 26 aprile, infatti, il governo guidato da Mario Draghi avvia «l’operazione riaperture», seppur graduale e con una serie di regole ancora da mantenere. Torna pienamente operativo il cosiddetto sistema semaforo, quindi torna la zona gialla nelle regioni a minor rischio e con una serie di parametri (alcuni nuovi rispetto ai criteri precedenti) nel rispetto delle norme. Resta, però, la chiusura per tutti dalle 22 alle 5, con il coprifuoco che potrebbe rimanere anche per tutto il mese di maggio. Il piano riaperture Le principali novità, secondo quanto previsto dal governo in seguito alla riunione della cabina di regia, dal 26 aprile torna la didattica in presenza, nelle zone gialle e arancioni, in tutte le scuole di ogni ordine e grado; riaprono bar e ristoranti, ma solo con il servizio all’aperto, sia a pranzo che a cena nelle zone gialle; sarà possibile lo spostamento tra regioni gialle e solo con un «pass» per spostamenti possibili anche tra regioni di diverso colore, musei di nuovo aperti. Sempre da lunedì nelle zone gialle riapriranno i musei, e anche teatri, cinema e spettacoli aperti con misure di limitazione della capienza. Il capitolo riaperture, successivamente, consentirà dal 15 maggio l’apertura delle piscine, solo all’aperto; dal primo giugno ristoranti con tavolo al chiuso, solo a pranzo, con nuove linee guida, e anche le palestre, sempre con nuove linee guida; dal primo luglio al via fiere e congressi con nuove linee guida, l’attività di stabilimenti termali e parchi tematici, con nuove linee guida. La battaglia sul coprifuoco «I numeri attuali, seppur migliori, non sono ancora così buoni da abbattere tutte le restrizioni. Portare l’Rt di molto sotto lo 0,8 permetterà di alleggerire alcune misure e allungare il coprifuoco fino a toglierlo del tutto, ma non corriamo troppo. L’incidenza di contagi è ancora alta. Dobbiamo scendere sotto i 5 casi ogni 10 mila abitanti», spiega il sottosegretario alla salute, Piepaolo Sileri, in una intervista a La Stampa. Pressing dal leader della Lega Matteo Salvini che chiede al governo «di estendere le riaperture dei locali anche al chiuso e l’eliminazione del coprifuoco alle 22». «Entro la metà di maggio. Bisogna ritornare alla normalità, con buona pace di alcuni sciagurati del Pd, come l’ex ministro Boccia (che querelerò visto che dice che io nego il Covid)», aggiunge il leader del Carroccio.  Il sentore è che Salvini non attenda il prossimo Consiglio dei ministri per riproporre il tema, ma che lavori già nella riunione di mercoledì per ottenere lo slittamento alle 24 già per il mese di maggio. Una richiesta che troverebbe pochi sostenitori, anche tra gli alleati di Forza Italia, soprattutto per la difficile gestione della movida notturna nei centri città. Intanto si rinvigoriscono le polemiche pro e contro le riaperture annunciate da Draghi. Giorgia Meloni definisce il coprifuoco alle 22 «una folia». «Misure sulla limitazione della libertà personale degli individui in una nazione libera e democratica non sono concesse al governo, non è nelle prerogative del governo stabilire se e quando puoi uscire di casa. Il coprifuoco con il Covid non c’entra niente», spiega. Un pass per girare Il pass per gli spostamenti e il coprifuoco saranno i due nodi da sciogliere nella maggioranza guidata da Mario Draghi in vista del nuovo decreto legge Covid che dovrebbe benedire ufficialmente le riaperture dal 26 aprile prossimo. Si tratta di due problemi diversi tra loro, il primo di ordine pratico e il secondo di ordine politico. Secondo quanto filtra da palazzo Chigi i tecnici sono al lavoro proprio sulla definizione degli spostamenti tra Regioni che, se tra quelle  di fascia gialla, saranno consentiti liberamente. Per quanto invece riguarda il passaggio in territori arancioni o rossi, come anticipato dal presidente del Consiglio, si sta studiando un pass speciale, molto simile a quello anticipato dall’Unione europea che, potrebbe favorire anche l’ingresso a determinati eventi come quelli culturali e sportivi, oltre che andare in vacanza. Una certificazione che dovrebbe comprovare di essere stati sottoposti al vaccino, oppure avere un tampone antigenico o molecolare negativo effettuato nelle 48 ore precedenti o di aver avuto il Covid ed essere guariti. Ora il problema è stabilire se basterà una certificazione o autocertificazione o se si opterà per un tesserino, che dovrà necessariamente essere rilasciato dall’autorità sanitaria. Tra le ipotesi anche quella di affidare a Poste il compito di fornire i tesserino di idoneità, i cui dati dovranno essere forniti comunque dall’autorità sanitaria. Un percorso questo che richiede tempo, trapela da fonti della maggioranza, per questo sembra più plausibile che si proceda nell’immediatezza con una autocertificazione oppure che il tesserino venga realizzato a richiesta dai cittadini. Intanto dai medici invece arriva la «preoccupazione» per l’anticipo delle riaperture. Il presidente Filippo Anelli (Fnomceo), interpellato dall’agenzia La presse, definisce «comprensibile la risposta » del premier Mario Draghi « al grido di dolore » delle attività produttive ma avverte: «Stiamo molto attenti». Diverso il ragionamento condiviso via social da Roberto Burioni: «La decisione di riaprire è una decisione politica e non scientifica. Questo l’ho scritto un anno fa ma è estremamente attuale». Il virologo dell’università San Raffaele di Milano, aveva infatti scritto: «È in questi momenti che la politica deve riappropriarsi di spazi che spesso ha colpevolmente trascurato o demandato ad altri. Le conoscenze scientifiche sono fondamentali nel contribuire ad arrivare a decisioni quali la riapertura parziale delle attività, ma non possono essere l’unico aspetto da prendere in considerazione».