«Vattene immediatamente fuori, io già non sopporto gli avvocati, pensa i detenuti!». Così si è rivolto ad un recluso, due giorni fa, al Tribunale di Sorveglianza di Roma, un agente della polizia penitenziaria, addetto alla gestione delle presenze di parti e avvocati durante le udienze. Il contesto fisico è quello di un corridoio a zig zag con legali e assistiti ammassati mentre sono in attesa di accedere all’aula. Il detenuto stava lamentando la lunga attesa, raccontano gli avvocati presenti, quando l’agente «allontanava e aggrediva verbalmente tutti i presenti con frase ingiuriose, minacciose e gratuitamente aggressive», e liquidava gli avvocati «con gesti della mano del tipo ‘ ciao’ per poi rinchiudersi nell’aula di udienza. Alle legittime rimostranze degli avvocati, beffeggiava i difensori dichiarando che lui ‘ aveva alle spalle già 37 anni di galera’ e non temeva nessuno».

La vicenda è stata fortemente stigmatizzata dal direttivo della Camera penale di Roma, che ha chiesto la rimozione dell’agente da quel ruolo, ha inviato una segnalazione al Provveditorato regionale per eventuali provvedimenti e ha indetto per il 26 maggio una giornata di astensione dalle udienze, con una manifestazione da tenersi insieme a tutte le Camere penali del Distretto. Come ci dice il presidente dei penalisti romani Vincenzo Comi, «quando un operatore addetto alla vigilanza prende a male parole gli avvocati e gli interessati con modi da sceriffo metropolitano e nessuno interviene, vuol dire che la misura è colma. Quello che è accaduto presso il tribunale di Sorveglianza è intollerabile, e se aggiungiamo le disfunzioni, le mancanze di personale, i ritardi nella gestione e trattazione dei procedimenti che riguardano persone private della libertà personale, non ci resta che adottare ogni forma di protesta a difesa dei diritti dei cittadini».

Aggiunge l’avvocato Maria Brucale, presente al verificarsi dell’episodio e responsabile della commissione Tribunale di Sorveglianza della Camera penale capitolina: «Nonostante il massimo impegno profuso dalla presidente del Tribunale di Sorveglianza, la dottoressa Vertaldi, sempre pronta a sostenere noi avvocati e a mettere in campo tutti gli sforzi per farci lavorare al meglio per i nostri assistiti, le risorse umane e materiali sono assolutamente carenti. A ciò si aggiungono problemi organizzativi, a cominciare dalle troppe udienze concentrate nello stesso giorno in spazi inadeguati e da tempi di definizione dei procedimenti patologici e incoerenti con la natura del giudizio di sorveglianza, teso al recupero e alla fruizione dell’offerta trattamentale delle persone ristrette».