Un tempo la bandiera antisistemica e sociale era sventolata dalla sinistra. Oggi invece, in molti paesi d’Europa è sventolata da partiti “di destra”. È il caso del Front national di Marine Le Pen che da anni intercetta il voto delle periferie, dove un tempo dominava la sinistra. Un’ascesa dettata solo dalla paura dell’Islam? Niente affatto. «È la vittoria del popolo contro le élite» ha dichiarato la nipote Marion Le Pen. La rabbia, la paura e il risentimento sono stati usati senz’altro, ma è solo una lettura consolatoria per le sinistre di governo e per la destre costituzionali d’Europa. L’ascesa di Le Pen a sinistra viene da molto lontano. Vi è la difesa del welfare, dell’intervento pubblico in economia e del posto fisso. Il “sovranismo” lepenista attacca Schengen e propone la “Frexit”, l’uscita dall’euro, la reintroduzione dei controlli frontalieri, il protezionismo economico e tasse per chi delocalizza e poi rivende in Patria. «Spero che il sistema europeo diventi per tutti solo un brutto ricordo». Se non dovesse bastare, l’uscita dalla Ue e dalla Nato, evocando il sovranismo militare di Charles De Gaulle. Tutti temi della sinistra di un tempo. Con in più Dio, Patria e Famiglia. Una visione del mondo dove sono esclusi gli immigrati, visti con politica degli sprechi e la troika, come causa dei mali francesi. Come ha risposto la sinistra francese a tali svolte che hanno gradualmente spinto parte del suo elettorato nelle braccia della “fiamma tricolore”? I dati, infatti, sono allarmanti per la sinistra: il nord dell’Esagono, ex roccaforte operaia comunista, vede il Fn al 48%. Il partito della Le Pen è addirittura votato dal 37% degli arabi di seconda generazione ( 22% dei quali islamici praticanti), dal 24% dei cittadini di origine centroafricana e nordafricana e dal 20% degli omosessuali.

(FILE) A file picture dated 12 February 2012 of Marine Le Pen, leader of French far-right political party National Front (FN) arrive on stage to deliver a speech during a meeting at the Palais des Congres, in Strasbourg, France.ANSA/YOAN VALAT

Siamo di fronte alla fine di un ciclo e di una storica egemonia, che ha innescato un dibattito a sinistra, subito dopo l’ascesa della leader frontista, specie dopo l’uscita del libro di Christophe Guilluy La France périphérique. Comment on a sacrifié les classes populaires. L’autore, già collaboratore di Libération e Le Monde, geografo legato agli ambienti marxisti, organizzatore dei primi concerti di SOS Racisme, a lungo sostenitore della trotzkista Arlette Laguiller analizza le fratture sociali in Francia e le ragioni della vittoria della destra sovranista che hanno favorito l’arretramento delle sinistre. Per Guilluy esiste un’élite, che vive nei grandi centri metropolitani e sta a sinistra, acculturata e benestante, quella dei Bobos, incantata dal suo cosmopolitismo autoreferenziale. Dall’altra la periferica marginalità in cui vivono milioni di persone “normali” che subiscono il lato più oscuro del capitalismo finanziario globale, e che, vessati dalle politiche di austerity proposte anche da una sinistra di governo, un po’ alla volta l’abbandonano sposando la “destra sociale” lepenista.

E così, se nelle metropoli si concentrano i vincitori della globalizzazione, nelle periferie vi stanno «i dannati del progresso», giovani, donne senza lavoro, pensionati, piccoli imprenditori, laureati sotto- occupati, il nuovo Quarto Stato colpito dalla crisi. Una tesi polemica a cui Guilluy aggiunge che gli unici fenomeni di mobilità sociale verso l’alto negli strati popolari si realizzano tra gli immigrati delle metropoli. Guilluy, che si colloca a sinistra, quella «che si occupa delle persone più modeste», denuncia una sinistra che rifugge da tale compito e lascia le risposte in mano al populismo intollerante e xenofobo del Front, che unisce insieme malcontento sociale diffuso nei territori, con l’intolleranza nazionalista contro le élites europee.

[caption id="attachment_35436" align="alignnone" width="620"] maxresdefault Alain Soral, passato dal partito comunista alla Nouvelle Droite, al Front National[/caption]

Così, mentre su periodici di sinistra come Marianne scoppia un dibattito indicando nel libro di Guilluy, con tanto di invito alla lasse dirigente francese “progressista” che lo legga, altri, come Le Monde diplomatique, mensile della “sinistra intellettuale”, parla di “confusione rosso- bruna” visto che l’Fn ha contato sull’ingresso nelle sue file di militanti e intellettuali del Parti communiste, come Alain Soral, ex Pcf vicino alla Nouvelle Droite, che spinge i quadri frontisti a leggere Antonio Gramsci e agire di conseguenza, animando un pensiero politico che per diventare egemonico deve assumere caratteri trasversali, seducendo persone che votavano a sinistra, ma ne sono deluse. Una controrivoluzione che seduce sempre di più la Francia profonda e che oramai rischia di diventare egemonia imponendo valori politici, intellettuali e morali a gran parte della società. Non è un caso che François Hollande durante la trasmissione Le Supplément su Canal+ sostenga che la Le Pen parli «come un volantino del Partito Comunista del 1970», suscitando le ire del segretario Pcf Pierre Laurent.