Dal banco dei relatori, il rappresentante italiano al vertice della Federazione avvocati europei, Michele Lucherini, dà un'iniziale impressione di campanilismo. Premette: «L'incontro qui al Consiglio nazionale forense sull'impegno della nostra categoria per i diritti umani non poteva cadere in una data migliore». Dell'organismo che riunisce 850 Ordini in tutto il Vecchio continente, l'avvocato Lucherini è vicepresidente, e precisa: «Il 30 novembre del 1776 il Granducato di Toscana, con la riforma della legislazione criminale, diventava il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte. Sono di Lucca», chiosa Lucherini, «e non posso trascurare la coincidenza». Negli stessi minuti a Firenze il presidente del Consiglio regionale della Toscana Eugenio Giani legge in apertura di seduta un messaggio del presidente Sergio Mattarella: «La Toscana vanta, tra i tanti elementi che connotano la sua civiltà, il merito di aver abolito per prima la pena di morte. Si tratta di un primato di straordinario valore». Non è ridondante dunque la segnalazione che il vicepresidente della Federazione avvocati europei propone all'incontro su "Diritti umani: gli avvocati fanno rete", organizzato ieri dalla commissione Diritti umani del Cnf. Non lo è perché il tema della giornata è in fondo «lo straordinario impegno degli avvocati italiani in questo campo», per dirla con Fabrizio Petri, coordinatore del comitato interministeriale presso la Farnesina. Un impegno che ha a che vedere con la «nostra straordinaria tradizione culturale» (ancora Lucherini). E con il fatto che «gli avvocati italiani guardano ai diritti umani in modo esemplare», come rivendica Francesco Caia, che della commissione interna al Consiglio nazionale forense è il coordinatore.È l'avvocato Caia a guidare i lavori e a offrire un esempio concreto del presidio di civiltà assicurato dall'avvocatura italiana: «Servono iniziative forti, perché difendere i diritti umani sul piano internazionale può voler dire fare i conti con questioni drammatiche: come annunciato dal presidente del Cnf Andrea Mascherin durante il Congresso di Rimini, abbiamo programmato una tre giorni che si terrà nell'hotel di Sousse, in Tunisia, chiuso dal governo di quel Paese dopo l'attacco jihadista del giugno 2015, in cui morirono 39 turisti. Saranno gli avvocati italiani a riaprire quel resort, per dare un segno concreto e visibile dell'impegno e anche delle difficoltà da affrontare per renderlo efficace».Si tratterà di un evento simbolico e concretamente utile, appunto, che rappresenta d'altronde il coronamento di un'attività molto intensa della commissione Diritti umani del Cnf. Durante il suo intervento Caia spiega come «il primo punto è la formazione sociale dell'avvocato. Che vuol dire anche approfondire specifici aspetti come la preparazione dei ricorsi alla Corte europea dei Diritti dell'uomo. Secondo passaggio», prosegue il consigliere del Cnf, «è il rafforzamento di una rete europea, a cominciare dalla sinergia con la Federazione degli avvocati europei. Lavorare insieme significa per esempio assicurare un contributo unitario alla modifica del regolamento di Dublino. E poi c'è la necessità di raccogliere risorse, come facciamo per l'assistenza ai rifugiati nell'isola di Lesbo».Negli interventi non si manca di ricordare tra l'altro che «il progresso giuridico di per sé non può indurre a dare per acquisita la tutela dei diritti umani», come ricorda Petri. Il quale cita «gli attacchi rivolti due secoli fa da Kant e Voltaire a Cesare Beccaria per l'abolizione della pena di morte teorizzata da quest'ultimo: la si liquidò come un'alterazione della stabilità del potere statuale». Il ministro plenipotenziario che presiede il comitato interministeriale per i Diritti umani assicura: «Tra l'avvocatura istituzionale e l'organismo che presiedo ci sarà un'interessante sinergia: è importante», dice rivolto alla sala affollata da almeno un centinaio di professionisti, «che persone come voi abbiano deciso di scendere in campo per tutelare i principi della civiltà». Il Consiglio nazionale forense lo ha fatto, segnala Caia, anche con la costituzione «insieme con l'avvocatura francese e spagnola, di un Osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo: è uno strumento per difendere i diritti in modo effettivo, come abbiamo fatto partecipando alle udienze dei processi avviati in Turchia contro i nostri colleghi, in ben tre occasioni solo nell'ultimo mese». Che poi difendere i diritti voglia dire soccorrere gli avvocati esposti su tale fronte in giro per il mondo, non può essere considerato un caso.