Ancora manifestazioni sabato sera a Tel-Aviv e in altre città israeliane, per la 24esima settimana consecutiva, legate al controverso progetto di riforma del sistema giudiziario del governo di Benjamin Netanyahu.

Le nuove proteste arrivano pochi giorni dopo che i due principali leader dell'opposizione, Yair Lapid e Benny Gantz, hanno sospeso la loro partecipazione ai tavoli che dovrebbero permettere di trovare un terreno comune di intesa su una riforma che divide profondamente il paese, denunciando una “cortina fumogena di finto dialogo”. 

Il primo ministro ha annunciato che il governo israeliano inizierà la prossima settimana "passi pratici" per "aggiustare" il sistema giudiziario, e dunque a rivedere in modo unilaterale il piano di riforma giudiziaria, un dossier che aveva portato ad ampie proteste paralizzando il Paese nei mesi scorsi.

La mossa del capo del governo israeliano, che guida una coalizione di partiti conservatori, nazionalisti e ultraortodossi, è una risposta alle opposizioni. “Quello che è stato dimostrato la scorsa settimana è che (Benny) Gantz e (Yair) Lapid stavano solo recitando una parte”, ha detto Netanyahu all'inizio della riunione del governo a Gerusalemme. “Abbiamo concesso loro un mese, poi un altro mese e ancora un altro, ma i loro rappresentanti non hanno accettato nemmeno la minima intesa. Volevano solo guadagnare tempo”, ha aggiunto Netanyahu, citato dal quotidiano Times of Israel.

Il primo ministro ha dichiarato che "dato che la stragrande maggioranza della popolazione comprende oggi che dobbiamo apportare cambiamenti nel sistema giudiziario, questa settimana ci incontreremo e inizieremo i passi pratici in modo misurato e responsabile, ma in conformità con il mandato ricevuto dagli elettori”. Da parte sua, il leader del partito Yesh Atid ed ex premier Lapid ha risposto che “se Netanyahu avanza unilateralmente con il suo piano di colpo di Stato, come ha dichiarato, scoprirà di essere primo ministro di meno della metà del popolo di Israele, con meno della metà dell'economia, meno della metà della sicurezza e meno della metà della Knesset”. Un riferimento, quest'ultimo, alle proteste di piazza e agli scioperi che potrebbe tornare a bloccare il Paese.

La leader del Partito Laburista, Merav Michaeli, ritiratosi dai colloqui poco dopo l'inizio dei negoziati, ha dichiarato che i commenti di Netanyahu dimostrano che non ha senso continuare le trattative: “E' giunto il momento di intensificare la lotta: solo le proteste fermeranno il colpo di Stato”. I leader del movimento di protesta nazionale hanno già emesso una dichiarazione domenica avvertendo che “qualsiasi legislazione dittatoriale sarà affrontata con una resistenza ferma da parte di centinaia di migliaia di israeliani determinati. La nostra lotta si espanderà e si intensificherà”.

A marzo, Netanyahu aveva annunciato una "sospensione" dei disegni di legge per consentire i negoziati mediati dal presidente, Isaac Herzog, al fine di raggiungere un accordo ampio. La settimana scorsa, Gantz e Lapid avevano annunciato una sospensione dei colloqui sulla riforma accusando Netanyahu di aver tentato di "sabotare" l'elezione dei candidati dell'opposizione nella Commissione per la selezione dei giudici. Il ministro della Giustizia Yariv Levin, figura chiave dietro la riforma, ha affermato che non convocherà la Commissione finché non sarà approvata una legge che ne cambierà la composizione.

Intanto, circa 80 giudici sono in attesa della nomina, mentre il sistema giudiziario del Paese è sempre più sotto pressione. Tuttavia, il primo ministro Netanyahu sembra restio a forzare l'approvazione di una legislazione altamente divisiva e che potrebbe suscitare le condanne del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e far saltare un possibile invito alla Casa Bianca (che tarda però ad arrivare).