Il ritorno della classe operaia negli Stati Uniti. Con lo sciopero dei lavoratori del settore automobilistico negli Usa infatti si apre un inedita fase di conflittualità sociale come non se ne vedeva da anni. Il sindacato United Auto Workers ( UAW) ha lanciato da un paio di settimane un'agitazione che ha colpito contemporaneamente la cosiddetta Big Three, la triade dei maggiori produttori di autovetture, Ford, General Motors e Stellantis.

La protesta è stata indetta per ottenere nuovi accordi contrattuali e salari piu alti. Ma la vertenza che finora ha coinvolto 13mila operai potrebbe estendersi se le Unions decidessero di estendere lo sciopero anche ad altre fabbriche oltre quelle che si sono fermate in almeno 2o stati. Tutto ciò mentre la campagna elettorale per le prossime presidenziali ha acceso i motori da tempo, e piu dei guai giudiziari di Trump (ultima in ordine di processi una condanna per frode fiscale ieri) o delle spaccature in seno ai Dem, proprio la questione economica sta assumendo un ruolo principale.

Non è un caso che martedì scorso Biden si sia recato al picchetto dei lavoratori in sciopero nel Michigan davanti a uno stabilimento a ovest di Detroit. Megafono alla mano, fatto abbastanza inusuale per l'ottantenne presidente, si è schierato totalmente con le rivendicazioni degli operai. Lo aveva in verità già fatto il 15 settembre chiedendo alle corporation dell'auto una parte equa di retribuzione. Ma mai come questa volta un presidente si era spinto a tanto. Nel suo discorso in piedi davanti agli scioperanti ha ricordato la crisi finanziaria del 2008, quando le case automobilistiche statunitensi erano sull'orlo della bancarotta, in quel caso, ha scandito, i lavoratori fecero molto sacrifici, ora è tempo che vengano riconosciuti a livello salariale. Gli ha fatto eco Shawn Fain, presidente della UAW, sottolineando l'importanza del lavoro e denunciando l'avidità aziendale dei padroni. Una sintonia che ha lasciato pensare ad un accordo stabilito in precedenza, e che la dice lunga sulla strategia di Biden il quale ha dichiarato come le politiche economiche siano al primo posto nella sua campagna.

Nelle parole del presidente è sembrato risuonare un sapore poulista della sinistra schierata contro le élites miliardarie, rivendicando l'importanza dei lavoratori, la classe che fa girare il mondo e che in questi anni è stata lasciata indietro. Ma la presenza di Biden forse non sposa completamente le tesi dei settori piu radicali del suo partito guidati da Bernie Sanders. Sebbene il presidente tenti sicuramente di spostare a sinistra la sua postura politica proprio per assicurarsi un sostegno casalingo, la scelta di andare nel Michigan riveste anche altri significati.

Lo stato di Detroit infatti, oltre a essere culla dell'industria americana da sempre, è anche uno di quelli, in bilico, che potrebbero decidere una eventuale rielezione. Biden tenta così di riguadagnare il voto di quello che fu il proletariato industriale e di quella classe media impoverita, finita nelle braccia di Trump nel 2o16. Non a caso la visita al picchetto ha preceduto di un giorno quella del tycoon anche lui fortemente interessato ad intercettare il sostegno dei lavoratori. Ma gli accenti repubblicani sono diversi, quando fu eletto Trump vinse grazie alla critica contro gli accordi di libero scambio e la promessa di riportare posti di lavoro nel settore manifatturiero. Questa volta l'attacco a Biden è tutto rivolto contro il suo piano ambientale incentrato sui veicoli elettrici. Basta ascoltare i discorsi di diversi candidati della destra che parlano di Biden Inflation, un termine per indicare la perdita in termini di occupazione che porterebbe questa nuova linea di produzione.

Il presidente comunque, anche se schierato con lo sciopero, e anche preoccupato di non far esacerbare lo scontro, un conflitto prolungato con riflessi sull'economia del paese potrebbe costargli voti da parte di altri settori sociali ed è quindi determinato a raggiungere un accordo win to win al più presto.