I timori che andasse incontro ad un triste destino erano concreti. Alexei Navalny, il più importante oppositore politico di Vladimir Putin, è morto nella colonia penale di Kharp, nel Circolo polare artico, a duemila chilometri da Mosca. Aveva 47 anni. A causare la morte, secondo l’agenzia Tass, sarebbe stato un “coagulo sanguigno”.

Navalny avrebbe perso conoscenza durante una passeggiata. A nulla sono servite le operazioni di rianimazione dei sanitari, durate almeno una trentina di minuti. Durante i suoi 37 mesi di reclusione, Navalny ha trascorso 296 giorni in una cella di punizione. La morte del dissidente politico getta inevitabilmente ulteriori ombre sul Cremlino. Putin ha da sempre considerato il politico-blogger una seria minaccia, usando diversi mezzi per neutralizzarlo, compresa la persecuzione giudiziaria. Eppure, Navalny ha sempre affrontato a viso aperto i pericoli cui andava incontro, conservando la dignità e il coraggio di chi ha criticato i gravi deficit democratici della Russia putiniana.
I guai giudiziari di Alexei Navalny sono iniziati nel gennaio 2021, dopo il rientro in patria dalla Germania fu costretto ad un lungo ricovero in ospedale a seguito di un avvelenamento. Da qual momento il dissidente ha iniziato a collezionare condanne. Nel mese di marzo 2022 è stato condannato a 9 anni di carcere per una fantasiosa accusa legata alla contestazione di una “truffa aggravata”. Il motivo di tanto accanimento? Le inchieste giornalistiche svolte di persona e dal suo gruppo di lavoro che hanno fatto luce sulle spropositate e ingiustificate ricchezze del cerchio magico di Putin. L’ultima condanna in ordine di tempo – a 19 anni di carcere - che ha riguardato Navalny risale all’agosto dell’anno scorso. Nell’ennesimo processo a suo carico è stato accusato di aver creato una “comunità estremista”. I mesi successivi sono stati poi caratterizzati da episodi che hanno fatto temere il peggio.
Nell’ottobre 2023 anche i difensori dell’oppositore di Putin, Vadim Kobzev, Alexey Liptser e Igor Sergunin, sono stati perquisiti e arrestati con l’accusa di “partecipazione ad una comunità estremista”. In quella occasione è stata effettuata una perquisizione negli uffici dell'Ordine degli avvocati di Dalet al quale appartengono Liptser e Sergunin e nello studio legale di un’altra avvocata, Olga Mikhailova, molto vicina a Navalny, che però da diverso tempo ha lasciato Mosca. L’assimilazione tra avvocato e imputato o condannato è diventata ormai una triste realtà nella Russia tenuta sotto lo schiaffo da Putin.
A dicembre Navalny è stato trasferito nella colonia penale speciale “Polar Wolf”, nel villaggio di Kharp, dove è morto. Per quasi tre settimane e alcune udienze celebrate in tribunale sua assenza si sono perse le tracce. Il trasferimento di Alexei Navalny nel Circolo polare artico non è stato casuale. Il 7 dicembre 2023 il sito web della campagna “Russia senza Putin”, con il sostegno del “Team Navalny” e di altre organizzazioni anticorruzione, ha promosso l’affissione a Mosca, a San Pietroburgo e in altre città russe di alcuni cartelloni pubblicitari contenenti un codice QR che riportavano direttamente al sito “Russia senza Putin”. Su internet non veniva però fatto nessun richiamo ai portali riconducibili a Navalny. Il famigerato Roskomnadzor, il servizio federale che monitora e controlla l’accesso ai mass media, applicando di fatto la censura, ha ordinato di rimuovere i manifesti. A ciò si è aggiunta la decisione di non far pubblicare codici QR sulle nuove affissioni per impedire di reindirizzare gli utenti su siti internet dell’opposizione e leggere contenuti non approvati dal Cremlino. Un modo di agire delle autorità volto a silenziare chi non si adegua al Putin-pensiero. Questi avvenimenti si sono intrecciati con la decisione di Putin di ufficializzare la sua ricandidatura per ricevere un nuovo mandato presidenziale, in vista delle elezioni del 17 marzo prossimo.
Il presidente russo non ha commentato la notizia della morte di Navalny. Nel resto del mondo sono state innumerevoli le prese di posizione dei leader politici e dei rappresentanti dei governi. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, senza mai pronunciare la parola Russia, ha affermato che «la morte di Alexei Navalny, durante la sua detenzione, è un'altra triste pagina che ammonisce la comunità internazionale». «Esprimiamo – ha aggiunto - il nostro sentito cordoglio e ci auguriamo che su questo inquietante evento venga fatta piena chiarezza».
Sergio D'Elia, segretario di “Nessuno Tocchi Caino” ha riferito all’Adnkronos che «non c'è nulla di naturale che può avvenire in Russia, meno che mai in un luogo di privazione della libertà: questo è un atto omicida del regime russo che ha mostrato così la sua vera faccia, un volto feroce e spietato».
In Russia centinaia di persone si sono recate sui monumenti che ricordano le vittime della repressione politica per lasciare un fiore in ricordo di Navalny. Parole durissime sono state espresse da OVD-Info, osservatorio che si occupa della difesa dei diritti umani: «Navalny è morto a seguito di un omicidio: un omicidio pianificato, un omicidio eseguito metodicamente, un omicidio di cui è colpevole lo Stato russo. Non si tratta solo di un omicidio politico. Questo è un attacco alla speranza. L’arresto e la condanna di Navalny non solo sono stati ingiusti, ma hanno perseguito e perseguono gli obiettivi politici del Cremlino. Siamo comunque fiduciosi. Sarà dimostrato che si tratta di un omicidio politico con l’aiuto della legge: a livello internazionale e in Russia, in quella bellissima Russia del futuro in cui credeva Navalny. Alexei è stato un uomo di straordinario coraggio, perseveranza e ottimismo. Per noi sarà sempre un modello».
Infine, una particolare coincidenza. Nel giorno della morte di Navalny sarà stata ospitato in serata negli uffici parigini di Reporters sans frontières, il lancio della sede francese di Novaya Gazeta, media investigativo indipendente, ma soprattutto giornale sul quale scrisse a lungo Anna Politkvoskaja, uccisa nel 2006. Novaya Gazeta è stata costretta ad interrompere le attività nel marzo 2022, per aver criticato l’invasione russa ai danni dell’Ucraina.