Più che la biografia di una famosa collana letteraria sembra un documento governativo classificato top secret, con interi passaggi sbarrati da colate di inchiostro nero per almeno un quinto del testo: estratti di interviste, dettagli di vita privata, note a pie’ di pagina e persino le poesie.

È quanto accaduto all’edizione russa di Pasolini, morire per le idee, il saggio di Roberto Carnero dedicato allo scrittore friulano, passato sotto il fine setaccio della censura di Stato perché promuoverebbe «contenuti omosessuali». Dalla casa editrice Ast spiegano che non avevano grandi alternative e che la scelta di coprire le frasi incriminate è in fondo più onesta della loro rimozione tout court «come se non fossero mai esistite». Un’autocensura che non si affretta a coprire le sue tracce, ma al contrario ne sottolinea ogni taglio, quasi a denunciarne la brutalità: «Grazie alla presenza di frammenti nascosti, emerge il richiamo al testo originale nel contesto moderno in cui viviamo qui e ora».

A imporre le sforbiciate al testo di Carnero la legge federale 478, approvata dalla Duma nel dicembre 2022, che mette al bando qualsiasi forma di “propaganda di relazioni non tradizionali” associando l’omosessualità alla pedofilia e vietando qualsiasi riferimento pubblico alla comunità Lgbtq che una recente sentenza della Corte suprema ha definito «estremista». Dalla letteratura al cinema, passando per i contenuti dei brani musicali, editori, produttori e discografici non possono far altro che adeguarsi.

La censura delle opere letterarie viene mantenuta con estremo zelo da un organismo federale ad hoc, il Roskomnadzor, l’equivalente della nostra authority sulle telecomunicazioni, e le case editrici sono costrette a intervenire in continuazione; aed esempio nell’ultimo mese la Ast ha dovuto ritirare sei volumi dagli scaffali per “riassegnazione di genere” come Legacy di Vladimir Sorokin e A Little Life di Hanya Yanagihara.

La legge 478 non fa che ampliare il campo di applicazione di una norma sulla “protezione di minori” concepita sempre dal presidente Vladimir Putin nel 2013 che criminalizza i riferimenti all'omosessualità, alla bisessualità e a tutti i comportamenti o organizzazioni familiari che si discostano da un quadro eterosessuale presentato come una «situazione normale».

Oltre all’obbligo di censurare i contenuti sgraditi, chi trasgredisce deve pagare multe molto salate per il costo della vita in Russia: 400mila rubli (circa 6mila euro) per i cittadini privati, 5 milioni di rubli(80.000 euro), per le aziende come le case editrici. Ancora più pesanti le sanzioni per i cittadini stranieri che rischiano da 15 giorni di carcere alla deportazione in una colonia penale.

Le maglie della censura si sono fatte ancora più strette dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, con il Cremlino che ha avviato una martellante campagna per contrastare le idee “occidentali” che metterebbero in pericolo i vecchi sani valori della tradizione russa come ha ribadito il ministro della cultura Aleksandr Kibovsky all’indomani dell’approvazione della legge 478: «Dopo anni di intensa propaganda occidentale di cui sentiamo ancora i postumi della sbornia, abbiamo messo un freno alla colonizzazione». Sulle pagine web di molti editori russi, appare una finestra che chiede di confermare la propria età in quanto i contenuti non sarebbero appropriati ai minori di 18 anni, lo stesso protocollo di sicurezza che viene impiegato per accedere ai siti pornografici.

Anche all’epoca dell’Urss la Direzione principale per la letteratura e l'editoria (Glavit) metteva al bando libri come se non ci fosse un domani, Boris Pasternak, Josif Brodskij, Mikhail Bulgakov, Anna Achmatova, Osip Mandel’stam o il dissidente Aleksander Solzhenitsin, autore di Arcipelago Gulag. Si trattava di una censura tutta “politica”, che colpiva le voci critiche del regime sovietico che chiedevano più libertà; il bavaglio putiniano invece aggiunge quel tocco di bigotteria che vede nei dritti civili il grande male da estirpare dalla società russa. Persino un autore atipico come Eduard Limonov (morto nel 2020), un nazionalista che ha sempre sostenuto l’annessione militare dell’Ucraina, ha visto i suoi libri finire nella lista nera del Cremlino a causa del suo stile dii vita dissoluto e libertino.

In questo ossessivo contesto di controllo orwelliano, editori, librai e bibliotecai ricorrono sempre più spesso all’autocensura e negli ultimi anni a finire al macero sono state le opere di autori importanti, come il francese Jean Genet, il giapponese Haruki Murakami, lo statunitense Todd Strasser, autore de L’onda, un romanzo che racconta la trasformazione di un liceo californiano in una dittatura dopo un esperimento educativo di un insegnante.