di Gennaro Grimolizzi La protesta nelle carceri italiane contro le restrizioni per il coronavirus si è diffusa a macchia d’olio da nord a sud. Dopo Modena, Milano, Roma, Palermo e Foggia i detenuti sono insorti anche nel carcere d’alta sicurezza di Melfi, in provincia di Potenza. Nel pomeriggio di ieri la tensione ha raggiunto livelli altissimi. I detenuti presenti a Melfi hanno preso in ostaggio, nell’area adibita a infermeria, 9 persone, secondo una ricostruzione aggiornata rispetto a quanto riportato in precedenza. Si è trattato di 5 agenti della polizia penitenziaria e 4 sanitari, tra i quali una donna. Grande preoccupazione quando i detenuti hanno assalito gli agenti penitenziari e iniziato a danneggiare diverse aree dell’istituto di pena. Estintori lanciati contro muri e vetrate, impianti antincendio attivati per allagare i locali. Fino a notte fonda si potevano udire dall’esterno urla e rumori di oggetti utilizzati dai carcerati per attirare l’attenzione. Numerose pattuglie della polizia e dei carabinieri hanno controllato per l’intera nottata le vie di accesso al penitenziario. La rivolta è terminata intorno alla mezzanotte e, da quanto si apprende, i detenuti sono stati riportati tutti nelle loro celle.

Diversi i boss reclusi nel carcere lucano

Quello di Melfi è un carcere di alta sicurezza e ospita criminali non comuni. L’istituto è composto da quattro sezioni classificate nel circuito “Alta Sicurezza 3”, da una delle quali è divampata appunto la rivolta. Vi si trovano detenuti, condannati in via definitiva, che hanno avuto un ruolo di vertice nelle organizzazioni criminali dedite allo spaccio di stupefacenti. Nel penitenziario lucano sono reclusi boss e affiliati a ’ndrangheta, camorra, sacra corona unita e ad alcune cosche mafiose siciliane. I posti regolamentari del carcere di Melfi sono 123. I detenuti in totale però sono 206 (i dati del ministero della Giustizia sono aggiornati allo scorso mese di gennaio). Quindici anni fa venne intercettata una conversazione tra due ’ndranghetisti reclusi a Melfi. Discutevano su un attentato da realizzare con l’uso di esplosivo ai danni dell’attuale procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e della sua scorta. L’obiettivo era quello di una seconda Via D’Amelio.