Cosa vedremmo se il Mare Nostrum si ritraesse all’improvviso? È la domanda da cui partono il giornalista Sergio Nazzaro e il fumettista Luca Ferrara quando concepiscono Mediterraneo ( edizioni Round Robin), una graphic novel muta, in cui a parlare sono solo le tavole. Un deserto sterminato, ricoperto di corpi senza vita: è questo il paesaggio che saremmo costretti a guardare, la vergogna con cui fare i conti. A illuminare il cammino, solo giubbotti di salvataggio fosforescenti in mezzo a barche capovolte e speranze interrotte. La culla della civiltà si trasforma all’improvviso in una distesa di sabbia morta. Ma ad uccidere non è il mare, «piuttosto sono le politiche securitarie adottate negli anni, l’innalzamento di muri e la spregiudicatezza dei trafficanti di uomini». Scrive nella prefazione di Francesco Rocca, presidente della Croce rossa italiana che ha soste- nuto il progetto. «Il mare, per sua stessa natura, ha solo celato quella colpa, rendendosi inconsapevolmente complice di una delle più grandi tragedie umane».

A guidarci in questo mondo spettrale è una bambina, Amalia, rimasta senza famiglia. L’unico a farle compagnia è il suo amico Giufà, che la “scorta” nel viaggio attraverso il nuovo deserto. È un viaggio di formazione, di conoscenza, dove l’unico confine rimasto in piedi è la paura. La meta è l’Italia, ormai ridotta a cima di una montagna tra altre. «Abbiamo scelto di lasciar parlare i disegni, perché questo è un libro dei silenzi», spiega Sergio Nazzaro, autore e ideatore della graphic novel. «Il nostro intento non era di suggerire risposte o soluzioni, ma di lasciare un dubbio, è stato già detto troppo. Non serve più parlare, è il momento di mostrare. E di capire cosa siamo diventati». Ma l’assenza di parole rende la sceneggiatura più complessa. «Abbiamo ragionato a lungo su ogni singola tavola», racconta Nazzaro, «infatti ci sono voluti due anni per realizzare il libro». Perché anche se il fumetto è muto, serve una sceneggiatura, una guida dettagliata per chi poi deve riportare le emozioni su un riquadro. «Racconti e scrivi ogni dettaglio: il look dei personaggi, le lacrime, i singoli gesti», continua il giorna- lista. Ogni tavola ha un senso compiuto, racchiude in sé un mondo già decodificabile, come un quadro non ha bisogno della tela successiva per esprimere un concetto, una sensazione. È uno sforzo di sottrazione, dove le parole che accompagnano ogni immagine scompaiono a lavoro finito. Il disegnatore Luca Ferrara «è stato bravissimo, ha saputo interpretare, raccordare e decodificare i pensieri in ogni tratto», dice il giornalista. «Volevamo interrogarci su come il Mediterraneo, da culla di culture, si sia trasformato in un cimitero. Perché un luogo da sempre ricco di idee e civiltà diverse all’improvviso diventa una barriera, un confine invalicabile? È il fallimento dell’umanità».

Un fallimento che diventa numeri: 3.139 persone sono morte nel 2017 nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa, secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ( Unhcr), 628 nel solo 2018. «È una guerra lunga, taciturna che ha mietuto migliaia di vittime negli ultimi 20 anni e che non ha nemmeno un nome e cognome da additare», scrive ancora il presidente della Croce Rossa italiana. «Finisce nelle nostre case a singhiozzi quando ha le fattezze di un bambino, come nel caso del piccolo Aylan, e quando riaffiora sui lembi delle nostre coste, come per il naufragio di Lampedusa del 2013. Poi, dopo un apparente sussulto, non segue più nulla e, anzi, si continuano a costruire muri, s’investe nella sicurezza più che nello sviluppo, nel lavoro e nell’istruzione dei paesi da cui si emigra e cresce la cultura del sospetto verso il diverso, lo straniero».

Mediterraneo, però, non «l’idea non nasce da un episodio di cronaca preciso. Seguo ciò che accade nel nostro mare da molti anni, fin dai primi naufragi», racconta Nazzaro. La storia di Amalia, dai bombardamenti alla fuga in un mare che non esiste più, si svolge mentre dall’altra parte della costa tutto procede tranquillo, tra una partita di calcio e un programma di Maria De Filippi. L’indifferenza diventa lo sfondo in cui vagano fantasmi senza pace.

Non è un caso che l’opera sia stata pubblicata all’interno della collana Bolina che, come spiega l’editore Luigi Politano, «è l’andatura che le barche a vela sono costrette a fare quando hanno il vento contro», scrive, presentando il lavoro. «Per raggiungere un risultato il lavoro è più duro e la nave diventa difficile da gestire. Il doppio del viaggio e il triplo della fatica, questo è andare il Bolina», la stessa che serve a raccontare storie impopolari, in una fase storica in cui l’Occidente si sente minacciato da flussi migratori senza precedenti. Vanno in Bolina «le realtà che lavorano sul sociale e non rinunciano mai a navigare, consapevoli che si scontreranno sempre con forze oscure, in acque che non sono mai semplici ma piene di bellezza», argomenta il fondatore di Round Robin, artefice, tra l’altro, dell’incontro professionale tra Nazzaro e Ferrara.

«La sensibilità di partenza è importante», spiega il disegnatore, già autore di graphic novel su Pippo Fava e Antonino Caponnetto per la stessa casa editrice. «Ma non avendo esperienze dirette sul campo ho dovuto compiere un sforzo di immaginazione, mettermi nei panni di chi non ha più niente, non si sente al sicuro neanche a casa sua, scappa in piena solitudine e con una sensazione costante: la diffidenza». Per disegnare la tavola in cui un padre tiene in braccio il proprio figlio senza vita dopo un’esplosione, «mi son dovuto immedesimare. Come avrei reagito io?», si domanda Luca Ferrara. Non bisogna vergognarsi o censurarsi, per restituire al lettore il terrore di chi fugge è necessario «mostrare la brutalità», racconta il disegnatore. «Spero che questo libro finisca in più mani possibili, perché racconta senza il filtro delle parole una tragedia che tutti devono conoscere. Noi abbiamo fatto un passo indietro per arrivare a più gente possibile».