Una storia di famiglie lacerate e di violenze quotidiane con il cupo riflesso giudiziario di una legge che non lascia diritto di scelta alle donne. Protagoniste una madre e sua figlia che in Nebraska, negli Stati Uniti, che hanno dovuto affrontare un penoso processo. L'accusa a carico della madre, Jessica Burgess, era quella di aver aiutato la primogenita adolescente, Celeste, a procurarsi e a utilizzare le pillole abortive per porre fine a una gravidanza indesiderata nell'aprile del 2022. È stata scoperta dalla polizia informatica mentre chiedeva consiglio a un’amica di Facebook.

Secondo i pubblici ministeri, dopo che la coppia ha acquistato i farmaci, la ragazza ha dato alla luce un feto senza vita. All'epoca, la legge del Nebraska vietava l'aborto dopo 20 settimane di gestazione. La gravidanza di Celeste Burgess era ero di quasi sei mesi. Jessica Burgess si è dichiarata colpevole a luglio delle accuse di false segnalazioni, per aver provocato un aborto dopo il limite temporale consentito e nascosto un corpo umano deceduto. Venerdì scorso, come dichiarato da un portavoce del tribunale della contea di Madison, le è stato comminato un anno di carcere per ogni accusa, le condanne per dichiarazioni mendaci e manomissione di resti umani verranno eseguite contemporaneamente. La reclusione sarà scontata consecutivamente insieme al reato di aborto illegale raggiungendo i due anni. Ma la corte non ha mostrato nessuna clemenza neanche per Celeste Burgess che ha patteggiato ed è stata condannata a 90 giorni di prigione.

La ragazza ha già scontato metà della pena ed è stata rilasciata. Sebbene il caso sia avvenuto prima che la corte suprema degli Stati Uniti abbia minato il diritto all’aborto, sancito recedentemente dalla storica sentenza Roe v Wade, il caso del Nebraska puo essere considerato anche il segnale che la giustizia sta imboccando una strada pericolosa in materia di diritti. La polizia infatti puó perseguire le persone anche grazie all'aiuto delle piattaforme social. Sono stati gli stessi giudici a rivelare che Facebook, o meglio Meta, ha fornito alle forze dell'ordine i messaggi privati che Celeste e Jessica Burgess si erano scambiate. Tra l'altro nessuno ha mai chiarito come la polizia sia venuta a conoscenza del caso o chi lo abbia eventualmente segnalato.

Alcune donne americane, spesso le più fragili socialmente, si trovano nella condizione di rischiare la vita attraverso pratiche mediche nascoste oppure di incorrere nelle maglie della giustizia a causa di farmaci considerati illegali. In Nebraska poi la situazione è particolarmente difficile, nello stato a maggioranza repubblicana infatti il diritto all'interruzione di gravidanza è stato ulteriormente ridotto portando il lasso temporale per eseguirla entro le 12 settimane. Nonostante la sentenza della corte suprema, la maggior parte degli stati non vieta totalmente alle donne di interrompere le gravidanze; ma, come dimostra la storia del Nebraska, i sostenitori del diritto all'aborto hanno a lungo avvertito che se un pubblico ministero vuole prendere di mira qualcuno per un aborto autogestito, troverá comunque uno statuto abbastanza elastico per farlo.

La vicenda ha anche assunto toni particolarmente penosi, Celeste Burgess ha detto in aula che la sua famiglia non avrebbe potuto permettersi un funerale per i resti fetali, la giovane poi deve anche affrontare diversi problemi di salute mentale ed è rimasta incinta a causa di una relazione violenta. Quello che avrebbe dovuto essere al centro del caso invece è stato quasi omesso. Inoltre Jessica Burgess doveva sottoporsi a una valutazione psicologica ordinata dal tribunale prima della sua condanna. Ma la perizia sarebbe stata annullata a causa della mancanza di fondi.