«Dopo il mio recente rientro in Italia sono giornate un po’ complicate per me. Diciamo che il primo impatto col mio Paese è stato molto intenso». Così Luciano Mutti, direttore dell’oncologia del San Salvatore dell’Aquila, l’ospedale che “ha preso in carico” il paziente Messina Denaro Matteo, in una intervista al '”Corriere della Sera”.

Ha visto il nuovo assistito in due ore di colloquio in una stanza del carcere del capoluogo abruzzese. Spiega che «non c'era bisogno» di visitarlo: «Conosciamo la sua storia clinica. Abbiamo scambiato informazioni con i sanitari della casa di cura La Maddalena di Palermo». Mutti spiega che però «parte della documentazione manca». «Ci siamo stretti la mano come con tutti i malati. Ero assieme con una collega. Alla fine ci ha ringraziati educatamente. È stato come incontrare una persona normale. Noi dobbiamo dimenticare che è un boss mafioso», riferisce del suo colloquio con Messina Denaro.

Mutti racconta che «le emozioni restano fuori» e che «l’unica anomalia è che per ragioni di sicurezza ci è stato chiesto di trattarlo all’interno del 41bis. Condurlo in ospedale avrebbe significato un dispiegamento di decine di uomini e mezzi. Non era il caso. Abbiamo in cura un’altra detenuta dello stesso istituto penale che però viene accompagnata da noi per fare la chemioterapia». Spiega ancora che il paziente «ci ha fatto molte domande, tipiche di chi vuole sapere, conoscere la verità. Sa bene da quale malattia è affetto e dei rischi. Ovviamente non posso dire nulla delle sue condizioni di salute. Sono stati già divulgati dettagli che io invece ho appreso direttamente da lui».