Tutto rinviato al prossimo Consiglio superiore della magistratura. Forse. Il Plenum di Palazzo dei Marescialli, dopo una approfondita discussione a cui ha preso parte anche il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, ha deciso ieri di non approvare il parere sulle valutazioni di professionalità. Il parere era stato redatto, relatori i togati Giuseppe Cascini e Nino Di Matteo, nelle scorse settimane dalla quarta commissione ed approvato a maggioranza con il voto contrario della collega Tiziana Balduini. A mettere un “freno” all'iniziativa del Csm era stato anche il capo dello Stato Sergio Mattarella che, in una lettera, aveva auspicato che «l’Assemblea plenaria avrà modo di esaminare i contenuti della proposta confrontandosi con i principi dettati in materia dalle norme di delega di cui alla legge 71 del 17 giugno 2022».

Le disposizioni contenute nella circolare, in particolare, oltre a non tenere in considerazione diversi aspetti contenuti dalla legge delega di riforma approvata dal Parlamento, erano state infatti scritte senza attendere i previsti decreti attuativi che devono essere varati dal nuovo governo Meloni. Una “fuga in avanti” aggravata dal fatto che il Csm è in regime di prorogatio. Scaduta lo scorso settembre, la consiliatura si trascina solo perché il Parlamento non ha ancora provveduto a nominare i dieci componenti laici. I 20 togati, infatti, sono stati già eletti.

Tornando, comunque, al documento non approvato, a balzare all'occhio vi era l’assenza di qualsiasi riferimento al “fascicolo per la valutazione del magistrato”, quelle che sono state comunemente chiamate “pagelle” e dove dovranno essere indicati per ogni anno l'iter dei vari procedimenti, i dati statistici, la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta, "compresa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività nell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all’esito degli atti (…) nelle successive fasi o nei gradi del procedimento e del giudizio". Una disposizione fortemente voluta dal deputato di Azione Enrico Costa che, però, rischia di rimanere lettera morta a causa dell’assenza delle dotazioni tecnologiche. Non esiste ad oggi al ministero della Giustizia una banca dati che colleghi le statistiche provenienti dai diversi Tribunali del Paese. E lo stesso dicasi per il Csm a cui competono valutazioni e promozioni delle toghe.

Archiviata allora l'iniziativa da parte dello stesso Csm, bisognerà capire come vorrà muoversi il nuovo esecutivo di centrodestra. Non è escluso, infatti, che il nuovo governo voglia mettere le mani in profondità alle riforme volute dalla ministra Marta Cartabia. Il neo Guardasigilli Carlo Nordio, sul punto, è molto chiaro affermando che tali riforme devono essere completate in quanto era stato impossibile prima trovare un punto d'incontro fra la compagine quanto mai variegata che sosteneva il governo Draghi.

A parte la separazione delle carriere, per le quali sarà necessaria una modifica della Costituzione, Nordio punterebbe proprio all' ordinamento giudiziario. Al primo punto, come sottolineato in alcune interviste all'indomani della sua nomina a Guardasigilli, vi sarebbe il sistema di elezione dei componenti togati del Csm. Nordio non ha fatto mistero di essere favorevole ad un sorteggio “temperato”. Il cantiere giustizia è pronto a riaprirsi. Ma, sarebbe meglio dire, non è mai stato chiuso.