«L’equo compenso è uno strumento vitale per l’avvocatura, ma non è affatto acquisito: dovremo difenderlo da tutti i tentativi normativi di scardinarlo», ha ammonito il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin nel corso del seminario pratico di approfondimento e di applicazione normativa sull’equo compenso che si è tenuto ieri presso il Cnf. La difesa, però, non è sufficiente: «Dobbiamo anche consolidare culturalmente e politicamente questo principio, perchè anche la sua applicazione si consolidi» . A sottolineare l’importanza del convegno è stato anche un messaggio del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il quale ha ricordato come «l’equo compenso sia il segno di un cambio di passo, di un allargamento dell’attenzione, che le politiche della giustizia e delle professioni hanno avuto in questi anni rispetto al passato». Il Guardasigilli, che nella passata legislatura si è fatto promotore della legge, ha sottolineato che «l’avvocatura è stata troppo spesso dimenticata nell’ascolto necessario e nell’attenzione che deve esservi, senza pregiudizi, da parte del Ministero della Giustizia» e che l’equo compenso è stato uno dei provvedimenti che restituiscono la cifra del suo mandato: «Tanto nel metodo quanto nella volontà di giungere a un risultato positivo, nonostante le numerose difficoltà. La vicenda dell’equo compenso contiene una lezione democratica di carattere generale, fondata sul confronto costante basato sulla bussola della competenza e delle regole». Opinione, questa, condivisa anche dal presidente Mascherin: «L’impegno costruttivo con la politica può dare risultati. Nessun momento politico ci deve preoccupare: le riforme dell’avvocatura sono sempre state portate avanti, anche in momenti di complessità politica: l’equo compenso nella passata legislatura, nonostante le contrapposizioni, e la legge professio- nale del 2012, durante il governo Monti». Nel merito del testo della norma è intervenuto il professor Guido Alpa, il quale ha condotto un preciso esame del testo, «la cui rilevanza è pari a quella della riforma della professione forense, dal punto di vista del significato giuridico ed etico- morale. L’equo compenso restituisce dignità all’attività forense e, anche se qualche dubbio può rimanere in merito al fatto che sia stato esteso a tutte le professioni, bisogna constatare come questo ci metta al riparo da eventuali controversie davanti alla Corte Costituzionale sul piano del principio costituzionale di eguaglianza».

Alpa ha analizzato le problematiche legate alle clausole vessatorie previste dalla legge, «la cui differenza rispetto alle clausole vessatorie dei contratti dei consumatori è che queste ultime possono avere oggetto solo di contenuto giuridico, mentre la disciplina dell’equo compenso riguarda anche gli aspetti economici». In altre parole, la vessatorietà delle clausole previste dal codice del Consumo implica uno squilibrio di posizioni giuridiche tra le parti e contrario alla buona fede, mentre nell’equo compenso la vessatorietà riguarda la violazione di parametri per l’adeguato compenso, oppure la conformità a un elenco di clausole che vanno considerate nulle ( «La cui nullità opera soltanto a vantaggio dell’avvocato» ). Proprio in merito all’elencazione, Alpa a ricordato come «essa non sia tassativa e tipizzata ma solo esemplificativa, dunque il giudice può sindacare la vessatorietà di una clausola anche se essa non è compresa nell’elenco, «valutando secondo equità e sulla base del principio generale di “significativo squilibrio contrattuale”». Quanto alle tecniche di aggiramento della disciplina che banche, assicurazioni e grandi imprese potrebbero mettere in campo, il professore ha ricordato come «la negoziazione delle clausole non supera la loro vessatorietà. Non rileva la loro soggettiva redazione, è sufficiente la loro oggettiva proposizione in forza di un maggior potere contrattuale», nè vale una interpretazione letterale del concetto di “rapporti professionali regolati da convenzioni”. «Quando si parla di convenzioni, dal punto di vista del diritto privato il concetto è assimilabile a quello di accordo o di contratto. Per questo, non ritengo che banche, assicurazioni e grandi imprese possano sottrarsi all’applicazione dell’equo compenso stipulando contratti individuali con singoli professionisti, come da ipotesi sollevata da alcune aziende». Dal punto di vista della tutela, infine, Alpa ha evidenziato come sia possibile aprire anche la strada di un’azione di categoria: «La giurisprudenza ritiene che le clausole vessatorie nei contratti bancari possano essere considerate prassi commerciali sleali che violano la disciplina della concorrenza. In questo senso il rimedio è il risarcimento del danno che può essere attivato anche da parte della categoria dei consumatori. Posto che la disciplina dell’equo compenso è simile, non escludo che anche le istituzioni rappresentative degli avvocati possano fare lo stesso».

Al convegno ha preso parte ed è stata premiata con una targa anche l’assessore al Lavoro della regione Toscana, Cristina Grieco, autrice insieme al presidente della Regione, Enrico Rossi, di una delibera che applica l’equo compenso nelle procedure di acquisizione dei servizi professionali. «La delibera ha avuto una eco oltre le aspettative, ma noi la abbiamo considerata quasi un atto dovuto, per riconoscere il valore sociale ed economico delle prestazioni professionali. Il lavoro va adeguatamente retribuito e per questo abbiamo anche vietato la possibilità di ricevere da parte dei nostri enti prestazioni aggiuntive a titolo gratuito». Infine, sono intervenuti il presidente di Ocf, Antonio Rosa il quale ha ribadito la necessità che si crei «una sinergia sul territorio e un’azione congiunta con le istituzioni, per dare attuazione alla norma ed evitare il pericolo che venga rivista a contrario» ; il Vice Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, Giampaolo Parodi, che ha ricordato l’importanza del lavoro congiunto tra Ministero e Cnf per scrivere la norma, soprattutto a partire dall’elenco delle clausole vessatorie contenuto nella prima bozza inviata dal Cnf e i consiglieri nazionali del Cnf Vito Vannucci e Antonio Baffa, il quali hanno ripercorso l’iter di produzione della legge.