Lo slancio e la passione con cui ha difeso Donald Trump durante la campagna presidenziale è stato encomiabile. Non ha tessuto le trame oblique dell'eminenza grigia, non è stato un "principe delle tenebre", un Richelieu d'oltreoceano come i sulfurei neocon di George W. Bush, ma ci ha messo la faccia, fisicamente: nei talk show, nelle interviste ai giornali, sul palco della Convention repubblicana di Cleveland quando ha tuonato contro il circo dell'informazione e le «disgustose menzogne che infangano un uomo straordinario come Donald».Ora Rudolph Giuliani (assieme al governatore del New Jersey Chris Christie è di fatto l'unico grosso calibro del partito repubblicano che si è schierato senza se e senza ma con l'amico Trump), è pronto a raccogliere i frutti della sua devozione alla causa e a lasciare il segno nella carne viva dell'America. Uno che alla Casa Bianca sarà davvero di casa. La fedeltà dimostrata al tycoon e la celebrata esperienza nell'arena politica ne fanno un candidato ideale per una poltrona di spicco nella prossima amministrazione. Segretario di Stato? Segretario alla Difesa? Procuratore generale degli Stati Uniti? Forse. Nelle prossime ore una giostra di nomi da far girare la testa verrà accostata ai posti chiave del governo più influente del pianeta, dall'ultrareazionario Newt Gingrich all'animatrice dei Tea Party Sarah Palin.Ma "Rudy" non è come tutti gli altri, è molto di più: il patto di sangue stretto con Donald lo mette in cima ai pensieri del neopresidente che potrà trarre ispirazione pratica e ideologica da questo 72enne indefesso fautore dell'ordine e della disciplina in una versione molto più concreta che in quella da fumetto popolare un po' alla Chuck Norris che ha in mente Trump, un superpoliziotto prestato alla politica che reputa i diritti civili una variabile dipendente del diritto alla sicurezza e che ha una concezione della lotta al crimine alla minority report. Strenuo sostenitore del Secondo emendamento sul diritto a possedere un arma, ha posizioni più laiche riguardo all'aborto e alle coppie di fatto.Giuliani il giovanissimo procuratore distrettuale di Manhattan (1971), la parentesi da avvocato in un prestigioso studio legale (1977), poi la promozione grazie a Ronald Reagan a procuratore federale del South District di New York (1983) che lo rese noto per l'inchiesta sulle famiglie mafiose dei Gambino e degli Inzerillo. Giuliani collaboratore in Italia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (1988) alla Direzione nazionale antimafia.Giuliani lo "sceriffo", il padre della "tolleranza zero" che quando diventò sindaco di New York (1994-2001) in sodalizio con il capo della polizia -il tetragono William Bratton- ripulì la Grande mela dai senza tetto e i marciapiedi di Times Square dalle prostitute. Giuliani il primo cittadino dell'11 settembre, immortalato tra le macerie di Ground Zero come un newyorkese della strada, che ha visto schizzare alle stelle la sua popolarità (dal 30% all'82% in sei settimane), vezzeggiato dai media che lo chiamavano «il sindaco d'America», incoronato "Uomo dell'anno 2001" dal Time Magazine. Giuliani che rinunciò a sfidare proprio Hillary Clinton per un posto al Senato a causa di un tumore alla prostata che interruppe la sua ascesa.Ora Rudy è tornato a occupare la scena, e lo ha fatto passando dalla porta principale. Avrà un posto al sole nella stanza dei bottoni e secondo gli osservatori più accorti, qualunque incarico riceverà, sarà lui il vero presidente degli Stati Uniti, non come suggeritore occulto o consigliere del Re, ma come un vero e proprio alter ego dell'amico Donald.

Daniele Zaccaria