«Quando questo virus raggiungerà le favelas e le periferie con forza non so come lo affronteremo». Isabela Souza, direttrice dell'Osservatorio de Favelas, un'organizzazione no profit nazionale ubicata nella baraccopoli di Mare di Rio, a Rio de Janeiro, ha messo in luce pochi giorni fa quello che potrebbe succedere se il Covid- 19 colpirà gli insediamenti poveri del Brasile.

Una realtà sottaciuta in primis dalle posizioni negazioniste del presidente Jair Bolsonaro e poi oscurata dalle profonde differenze di classe esistenti nella città carioca. E così tocca, oltre che ai volontari, agli artisti e ai musicisti mettere in guardia la popolazione e dare istruzioni sull’igiene corretto e il divieto di assembramenti.

Più facile a dirsi che a farsi, nelle maggiori favelas di Rio infatti vive circa un quinto della popolazione della città.

Mancano servizi igienico- sanitari decenti e accesso alle cure sanitarie.

Terreno fertile per la pandemia tanto che il ministro della sanità del paese ha avvertito come il sistema sanitario pubblico, già sovraccarico e afflitto da profonde disuguaglianze, è destinato al collasso entro aprile. I casi di coronavirus accertati in Brasile sono stati fino ad ora 14500 con 720 decessi.

Mercoledì la scoperta che la malattia è entrata nelle favelas, a Rochinha ( una delle più grandi dell’America Latina) infatti sono morte 2 persone ma si teme per quello che sta succedendo in altri 11 insediamenti.

Il vero nemico è il sovraffollamento, sempre la Souzasi è domandata: «Come isoleremo una persona che risulta positiva, sapendo che ci sono famiglie di cinque o sei persone che vivono in una casa di tre stanze?». Un’altra grande sfida è quella della consapevolezza, molti residenti infatti continuano fare una vita normale, spesso lavorando nell’economia informale che permette alle classi agiate di restare in auto confinamento, non permettendo però di rinunciare al lavoro e restare a casa. Inoltre le chiese evangeliche, potentissime e legate a Bolsonaro, sono ancora aperte amplificando il rischio di contagio.

La mancanza di servizi di base nelle favelas rende quasi impossibili le misure di prevenzione raccomandate. Dire a chi non ha acqua corrente in casa di lavarsi spesso le mani non è realistico. A ciò si aggiunge il fatto che la popolazione delle favelas è già affetta spesso da altre malattie polmonari o dalla tubercolosi a causa della scarsa ventilazione delle case e alle difficoltà di accedere alla medicina preventiva. In ultimo la povertà determina carenze d’istruzione, molte persone non sanno ancora leggere e non capiscono i messaggi scritti su cartelli o avvisi che li esortano al contenimento del virus.