«Le frequenti indebite divulgazioni di conversazioni estranee ai temi d'indagine e relative alla vita privata di cittadini spesso neanche indagati, rischiano di compromettere il prestigio e l'immagine dei titolari dell'azione penale e della polizia giudiziaria». Lo ha dichiarato il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, a margine dell'incontro con i Procuratori generali presso le Corti di Appello, organizzato dalla procura generale della Corte di Cassazione, in Aula Magna. «La settima commissione, su impulso del Comitato di Presidenza, dopo aver acquisito le circolari adottate dalle Procure di Roma, Torino e Napoli - ha spiegato - ha già avviato il lavoro di definizione delle linee guida sul delicato tema delle intercettazioni telefoniche. L'obiettivo è quello di valorizzare le positive ed innovative misure organizzative adottate dai Procuratori Pignatone, Spataro e Colangelo, portandole a sintesi ed eventualmente integrandole con i contributi della Commissione consiliare e dell'intero Csm».«Se quelle misure adottate sono utili a realizzare il rispetto dei valori costituzionali coinvolti - prosegue Legnini - non vi è ragione di sottrarsi al dovere di mettere a disposizione di tutti gli uffici di Procura un atto di autoregolamentazione uniforme cui ciascun Procuratore Capo e ciascun magistrato inquirente potrà attenersi o ispirarsi». Tale intento del Csm, afferma il vicepresidente, «non può e non deve invadere l'esercizio del potere proprio dei Capi delle Procure, che, anzi va salvaguardato e valorizzato, ma il Consiglio, non può sottrarsi al dovere di contribuire a definire buone prassi applicative per tentare di individuare un possibile equilibrio tra l'impiego dell'irrinunciabile strumento investigativo delle intercettazioni e i valori costituzionali sottesi al diritto alla riservatezza, ad una corretta informazione e al diritto di difesa».