In Egitto la mano pesante non viene usata solo contro gli esponenti delle organizzazioni impegnate a difendere i diritti umani. A farne le spese sono anche gli avvocati. Tra questi Mohamed el-Baqer, che ieri è stato graziato con Patrick Zaki dal presidente egiziano Al Sisi. El-Baquer è stato il difensore di Alaa Abd el Fattah, uno dei più famosi prigionieri politici egiziani. L’odissea giudiziaria di el-Baqer è iniziata nel 2019, anno del suo arresto. Nel 2021 la condanna a quattro anni di carcere con l’accusa di aver diffuso notizie false, di aver utilizzato in maniera impropria i social media e di aver aderito ad un gruppo considerato terroristico dalle autorità egiziane.
Subito dopo il provvedimento di clemenza di Al Sisi nei confronti di Zaki ed el-Baqer, in tanti hanno commentato la notizia, auspicando una fase nuova. Troppa fiducia, forse. Hossam Bahgat, attivista per i diritti umani, ha scritto su twitter: «Accogliamo con favore la notizia della loro grazia e chiediamo l'immediato rilascio di migliaia di persone ancora detenute in Egitto per motivi politici».
Già, perché sulle sponde del Nilo le opposizioni hanno da tempo vita dura. Nel settembre di quattro anni fa, quando sono iniziati i problemi per l’avvocato Mohamed el-Baqer, sono state arrestate quasi tremila persone (compresi un centinaio di bambini) per le proteste antigovernative. Il 2019 può essere considerato anche l’annus horribilis dell’avvocatura egiziana, considerato che ha preso sempre più corpo quel mostro giudiziario, che, purtroppo, infesta altri paesi con deficit democratico: l’assimilazione del difensore al proprio assistito. Una aberrazione giuridica, frutto avvelenato dei regimi guidati da generali e criminali.
L’avvocato el-Baqer è stato arrestato il 29 settembre 2019, mentre rappresentava la difesa a sostegno del blogger egiziano e attivista per i diritti umani Alaa Abd el Fattah, protagonista della rivolta del 2011 che costrinse l'ex presidente Hosni Mubarak a lasciare l'incarico dopo tre decenni di potere incontrastato. Dalle aule di tribunale alla prigione egiziana di massima sicurezza di Tora, nota come Prigione Scorpion 2, è stato un attimo per el-Baqer. Le accuse mosse nei suoi confronti sono state le stesse che hanno riguardato el Fattah. Singolare l’atteggiamento del procuratore, che si limitò a presentare poche e traballanti prove contro Alaa Abd el Fattah, facendo poche domande sull’attività dell’organizzazione del blogger con la presentazione di un rapporto della National Security Agency, senza che el-Baqer potesse consultare la documentazione dell’accusa.
Mohamed El-Baqer si è specializzato nella difesa dei diritti umani e ha diretto il “Centro Adalah per i diritti e le libertà”, creato nel 2014 per fornire assistenza legale alle vittime di detenzione arbitraria, in modo particolare gli studenti, cuore e cervello delle proteste di piazza. Laureato in legge nel 2001, ha assistito davanti ai tribunali militari numerose persone arrestate nel corso delle manifestazioni della rivoluzione del 25 gennaio 2011. Un attivismo che lo ha indotto ad aderire al movimento “No ai processi militari per i civili”. In Egitto, infatti, una delle storture giudiziarie riguarda l’attività dei tribunali militari nel processare i civili. Nel 2018, l’Università inglese di York ha assegnato a el-Baqer la “Human Rights Defenders Fellowship”.
All’indomani dell’arresto Amnesty International, nel chiedere il rilascio immediato e incondizionato, ha considerato Mohamed el-Baqer un “prigioniero di coscienza”, detenuto esclusivamente per il suo lavoro di difensore delle vittime di violazioni dei diritti umani. Nel 2019 la rete televisiva Al Jazeera dedicò un approfondimento all’avvocato egiziano. In quella occasione venne intervistato un altro legale - per ragioni di sicurezza chiese di farsi chiamare con un nome di fantasia, Khaled -, il quale raccontò di aver conosciuto Mohamed el-Baqer in prigione. I maltrattamenti in carcere erano all’ordine del giorno. Per quasi quattro anni, l’avvocato graziato mercoledì, è stato rinchiuso in una cella con scarsa ventilazione, è stato più volte bendato, spogliato e insultato verbalmente dalle guardie carcerarie, che gli hanno anche impedito di fare la doccia per nove giorni, di usare acqua pulita e mangiare nella mensa del carcere. Gli abusi ai quali è stato sottoposto dalle autorità egiziane Mohamed el-Baqer sono stati provocati dalla difesa incondizionata e coraggiosa dei diritti umani.
La grazia concessa due giorni fa è uno spiraglio nel muro delle violazioni che continuano a consumarsi in Egitto. Non bisogno illudersi, però. Non va dimenticato, inoltre, che negli ultimi dieci anni sono state costruite una ventina di nuove prigioni. Human Rights Watch continua a denunciare l'uso diffuso e sistematico della tortura, inclusi pestaggi, scosse elettriche e stupri, all’interno delle carceri egiziane. Violenze che possono essere assimilate a crimini contro l’umanità.
«È un pensiero terrificante, recarsi in tribunale per fare il proprio lavoro ma avere paura di essere arrestato, il tutto sapendo esattamente in che tipo di inferno verrai mandato», confessò l’avvocato Khaled nel reportage di Al Jazeera. Chissà se el-Baquer ritornerà in tribunale con la stessa grinta di qualche anno fa e con rinnovato entusiasmo.