«Esprimo totale fiducia nel lavoro di questa Procura ( Caltanissetta, ndr) che dal 2008 sta faticosamente cercando di mettere insieme i pezzi di una verità che è stata fondamentalmente allontanata dall’operato dell’altra procura». A dirlo è l’avvocato Fabio Trizzino, parte civile dei figli di Borsellino, intervenuto durante l’udienza di mercoledì scorso a Caltanissetta. Parliamo del processo che vede come imputato il latitante Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. L’avvocato Trizzino è intervento in difesa del procuratore Gabriele Paci a causa delle missive contro di lui, indirizzate anche alla Corte stessa, a firma dell’ex pentito Vincenzo Calcara. A comunicare l’arrivo di tali documentazioni è stata la presidente della Corte Roberta Serio in apertura dell’udienza. «Lo scritto contiene dichiarazioni di Calcara – ha detto -, ma che la Corte non può assumere visto che non sono contenute negli atti processuali e per questo si è astenuta nel leggerlo nella sua completezza». Per questo ha chiesto alle parti di argomentare se le ritengano rilevanti o meno.

Il procuratore Paci, rilevando che Calcara ha gettato ombra sulla sua persona ha spiegato: «Non è mia abitudine che si allunghino ombre sul mio operato. Questo esposto viene inviato alla Corte, quindi non avendo nessun problema e nessuna ragione di tenere nulla sul mio operato, chiedo di trasmettere gli atti alla procura competente di Catania dove ravviserà se ci siano elementi o meno contro la mia persona». Sia la difesa che le parti civili ne hanno sottolineato l’irrilevanza. «Diffidiamo il signor Calcara – ha detto l’avvocato Trizzino - dall'utilizzare strumentalmente qualunque riferimento alla vedova e ai figli del giudice Borsellino a sostegno di qualunque sua iniziativa e ribadiamo - la totale fiducia nei confronti della Procura di Caltanissetta e in particolare del dottor Gabriele Paci, il quale lavora con il codice in mano e non facendo sociologia o storia». Le missive di Calcara sono scaturite dopo che Paci, sentito come teste nel processo contro l’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino, lo ha definito “pentito eterodiretto”. Non solo. Durante la sua requisitoria al processo contro il super latitante, ha definito Calcara uno di quelli che inquinavano i pozzi» e che «non fa mai il nome di Matteo Messina Denaro al tempo in cui uccideva e poi faceva le stragi». Ha aggiunto: «sarebbe stato molto utile se ne avesse parlato nel ’ 92 anziché dire che il capo di “Cosa nostra” era, neanche il padre Francesco, ma Agate Mariano».