Lungo la Promenade des Anglais la polzia scientifica continua a tracciare segni sull’asfalto per ricostruire nei dettagli la dinamica della strage, mentre la Francia si sveglia sotto choc per l’ennesimo attentato “monstre” che la colpisce al cuore. Il terzo in un anno e mezzo, dopo gli attacchi a Charlie Hebdo e al supermercato ebraico di Parigi (gennaio 2015) e la notte di sangue del Bataclan (novembre 2015). Il bilancio (ancora provvisorio) è drammatico: 84 morti, oltre duecento feriti, tra loro diversi stranieri, tre tedeschi, due americani, due algerini, una svizzera, una russa, una armena, un ucraino e un tunisino (sei italiani sono dati per dispersi). Tantissimi i bambini che in quel momento erano in strada con le loro famiglie.Tutti tranciati dalla corsa folle del camion frigorifero guidato da Mohamed Lahouaiej Bouhlel, un proiettile di 15 metri e 18 tonnellate lanciato a 80 chilometri orari che ha seminato morte e terrore in uno dei lungomare più turistici del mondo che in quel momento era affollato da 30mila persone. Se l’attentatore alla fine è stato abbattuto da un poliziotto in scooter dopo due chilometri di orrore, diversi sono i quesiti che rimangono aperti intorno a quella che verrà ricordata come la carneficina del 14 luglio.In molti per esempio si chiedono come sia possibile che un solo uomo abbia potuto compiere un simile massacro nel paese europeo che più di tutti ha mobilitato i suoi dispositivi securitari per fronteggiare l’emergenza terrorismo. Il presidente Hollande arrivato a Nizza nel pomeriggio annuncia che lo stato di emergenza sarà prolungato di altri tre mesi, che verranno chiamati più gendarmi e soldati a presidere il territorio, che sorveglianza e controlli saranno inaspriti ulteriormente. Misure più ad uso e consumo di un’opinione pubblica spaventata e smarrita che effettivamente efficaci. Specialmente per un attentato come quello di Nizza. Nessun giro di vite sui diritti, nessuna legge speciale, piano “vigipirate” o legislazione di emergenza (soluzioni invocate a gran voce dalla destra populista) possono garantire protezione contro un nemico invisibile e pronto a colpirti dove meno te l’aspetti. Il fatto che Bouhel abbia agito da solo, che non appartenesse ad alcuna organizzazione terroristica, che non abbia condiviso con nessuno il suo mortifero progetto rende questa tipologia di attacco imprevedibile a differenza dalle stragi di Parigi compiute da elementi già attenzionati dai servizi per attività radicali e contiguità con l’estremismo jihadista. Che poi la galassia di siti web e account twitter vicini allo Stato Islamico (Isis) abbia rivendicato la carneficina di «crociati» glorificando le gesta di Bouhel fa parte della consueta strategia di sciacallaggio mediatico dei seguaci del “califfo”, assai abili nell’intestarsi le azioni dei cosiddetti lupi solitari. La stretta securitaria di Hollande e del governo Valls è in tal senso soltanto uno spot logoro; di questo ne è consapevole lo stesso presidente che ieri infatti ha ammesso: «I terroristi torneranno a colpirci». Il problema è capire dove e quando.