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L’avvocato Yassine Bouzrou, 44 anni, è un massimo esperto di violenze commesse dalla polizia francese, dossier di cui si occupa da quasi vent’anni durante i quali ha preso le parti di decine e decine di giovani, sia come difensore che come rappresentante della parte civile, ma anche dei “gillet gialli” rimasti vittime degli eccessi di poliziotti e gendarmi e della “deriva americana” che da tempo affligge i nostri vicini.
Molto noto al grande pubblico per aver interpretato se stesso nel profetico film Les Miserables e per aver seguito cause molto mediatiche (l’attentato di Nizza, il disastro del volo Rio-Parigi) oggi è il legale della famiglia di Nahel, il 17enne ucciso con un colpo alla tasta da un agente a Nanterre, periferia calda della capitale.
La morte, insensata, di Nahel ha riacceso la miccia della rivolta, alimentando l’odio atavico dei ragazzi marginalizzati delle banlieue, francesi di terza e quarta generazione, ma mai realmente integrati nella società. Migliaia di arresti, di auto date alle fiamme, di strutture pubbliche distrutte e centinaia di milioni di danni, in quella che sembra una guerra civile in filigrana.
In una lunga intervista rilasciata a Le Monde, Bouzrou sostiene che la polizia in Francia goda di una storica impunità sostanziata dalla protezione della magistratura che raramente rinvia a giudizio un agente se non di fronte a fatti gravissimi e flagranti. Anche per morte di Nahel, se non fosse spuntato il video di una residente che ha ripreso tutta la sequenza, sarebbe passata la linea della legittima difesa; «Due ore dopo i fatti, quando il video aveva iniziato a circolare sul web la famiglia apprende dai media che loro figlio è morto e che era un delinquente, mentre il poliziotto non era stato nemmeno indagato. Peggio ancora: il procuratore annuncia un inchiesta per tentato omicidio ai danni dell’agente, la sua priorità è criminalizzare la vittima. Un comportamento scandaloso che ha reso i parenti del ragazzo folli di rabbia e sconforto».
Secondo Bouzrou al di là della cultura autoritaria che caratterizza alcuni reparti della police nationale, in particolare tra i celerini (Crs) e tra gli agenti della Brigata anti-criminalità Bac (la Digos transalpina), il problema è di natura giudiziaria: «Poiché l’immunità giudiziaria è quasi completa, è logico che aumentino abusi e violenze da parte delle forze dell’ordine. Negli ultimi anni il fenomeno si è aggravato, basti pensare alle centinaia di denunce da parte dei manifestanti dei “Gillet gialli” feriti dai proiettili di gomma che non hanno sortito nessuna condanna. Il penalista di origine marocchina cita il caso di una 80enne di Marsiglia che nel 2018 ha perso la vita perché colpita da una granata lacrimogena lanciata dalla polizia durante un corteo dei “Gillet gialli”, per tre anni nessuno è mai riuscito a individuare l’arma e l’agente che ha sparato il colpo ad altezza d’uomo: «Quando l’Ispettorato generale della polizia ha chiesto di ottenere l’arma gli ufficiali dei Crs si sono rifiutati di consegnarla, spiegando che in quel momenti ne avevano bisogno. Poi non è successo più nulla. Oggi sappiamo chi è l’agente che sparò il colpo il quale non ha subito nemmeno una sanzione amministrativa».
Anche da parte del mondo politico e in modo del tutto trasversale, dalla destra post gollista, ai socialisti, fino ai centristi di Emmanuel Macron, secondo Bouzrou non c’è mai stata una vera assunzione di responsabilità sulla protezione sistemica di cui beneficiano polizia e gendarmeria, anzi, i governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno spesso agito spesso in direzione contraria, ampliando cioè la rete di protezione e omertà intorno agli abusi dei poliziotti: «Nel 2020 c’è stato un tentativo da parte governo di impedire la pubblicazione di video che mostrano le forze dell’ordine, per fortuna c’è stata una marcia indietro, ma aveva senso: impedire l’apertura di inchieste giudiziarie».
Bouzrou infine punta il dito sulla legge del 2017 che permetterebbe ai poliziotti di sparare contro un veicolo che non si ferma all’alt. Fu approvata in tutta fretta dal governo del macroniano Edouard Philippe in seguito al ferimento di due agenti colpiti da bottiglie molotov a Viry-Châtillon sempre nella banlieue parigina: «L’anno successivo all’entrata in vigore della norma sui controlli stradali i casi di colpi d’arma da fuoco contro automobili in movimento sono praticamente raddoppiati, passando da 119 a 202. Nessuna legge dovrebbe in tal senso mai violare il principio di proporzionalità e di stretta necessità, ma i sindacati di polizia vorrebbero abolire questi limiti e sostituirli con il vago principio della “legittima difesa preventiva”».