Nessuno sciopero dell'Anm contro la riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, almeno per adesso. Il Comitato direttivo centrale ha di fatto rimandato la decisione all'Assemblea generale del 30 aprile. Dunque per ora l'iniziativa è congelata, ma considerando che il governo e la maggioranza puntano ad approvare il testo alla Camera, senza porre la fiducia, già domani pomeriggio, astenersi dalle udienze dopo il 30 aprile sarebbe inutile, considerato che la partita decisiva si sta giocando in queste ore, e che in Senato dovrebbe filare tutto liscio. E allora perché intraprendere questo complicato percorso di scontro proprio all'ultimo miglio? Forse l'insofferenza della base è cresciuta, forse, come ha detto Luciano Violante, ci si prepara alla campagna elettorale per il nuovo Csm. Sono solo ipotesi, mentre le ragioni ufficiali sono state enunciate ieri nella conferenza stampa convocata proprio dalla Giunta dell'Anm.

«Abbiamo bisogno di comunicare e far comprendere all'esterno quali sono le ragioni del disagio della magistratura su alcuni punti della riforma - ha detto in apertura il presidente Giuseppe Santalucia -. Non vogliamo apparire una casta che si chiude al suo interno, che protesta e si oppone alla riforme, ma vogliamo che questa conferenza segni una tappa all'interno di un percorso di confronto e di dialogo che abbiamo già iniziato da tempo prima con il ministro della Giustizia Cartabia, poi con la commissione Giustizia, che ci ha sentiti in sede di audizione».

Contemporaneamente non vogliono però avere magistrati intimoriti: «Siamo consapevoli della necessità di una riforma - ha proseguito Santalucia -, degli ambiziosissimi piani del Pnrr, ma ne serve una diversa rispetto a quella all’esame del Parlamento. Questa guarda al passato, crea una struttura sempre più gerarchica, accentra poteri e utilizza l'aspetto disciplinare per controllare i magistrati, impaurirli nel loro delicatissimo compito, relegandoli a un ruolo impiegatizio». E le toghe respingono fortemente quello che hanno definito un vero e proprio "dossieraggio" attraverso il fascicolo professionale, quello cosiddetto di performance, che rappresenta una delle maggiori criticità della riforma e che porta la firma del deputato di Azione Enrico Costa. Su questo, tra gli altri, si è espresso il segretario dell'Anm, Salvatore Casciaro: «È la logica di fondo di questa riforma che noi riteniamo sbagliata. Il giudice è soggetto solo alla legge. Questa riforma è incentrata esclusivamente sulle statistiche e questo non va bene. Istituire un fascicolo delle performance è sbagliato, la verità processuale non è precostituita, ma si forma faticosamente nella dialettica delle parti».

Durante la conferenza abbiamo chiesto quale fosse stata la proposta dell'Anm sul piano delle valutazioni di professionalità, considerato che è chiaro a tutti come un problema esista, e che cioè in questi anni, a parità di curriculum, è subentrato l'arbitrio delle correnti. Ci è stato semplicemente risposto che il fascicolo esiste già. E questo è uno degli aspetti più critici emersi da una lettera che Magistratura democratica ha indirizzato proprio a Santalucia mentre era in corso la conferenza stampa. Il gruppo associativo guidato da Stefano Musolino scrive: «L’idea di enfatizzare, nella valutazione di professionalità, il tasso di conferme ottenute dalla decisione nei successivi gradi di giudizio alimenterà il conformismo giudiziario e disegnerà l’immagine di una magistratura piramidale».

Ma aggiunge che «l’azione dell’Anm, nel contesto della riforma, ci è apparsa intempestiva, timida ed incapace di proposte idonee a dimostrare l’assunzione di responsabilità per la crisi, avendo privilegiato la conservazione dell’esistente, senza alcuna apertura al nuovo. Sulle valutazioni di professionalità, poi, le proposte sono state tutte orientate ad una chiusura corporativa, incapace di una sana autocritica, ma anche di spiegare le ragioni di senso del sistema di valutazione dei magistrati. L’esito della gara in cui molti gruppi sono stati impegnati per rassicurare le paure della corporazione hanno determinato l’incapacità dell’Anm di essere riconosciuta come interlocutrice credibile, venendo, sostanzialmente, ignorata al tavolo del confronto con il decisore politico».

Un attacco durissimo da parte di Md che complica già un quadro difficile per il sindacato delle toghe, alle prese con una riforma ritenuta punitiva e una insoddisfazione soprattutto tra i giovani magistrati. Uno sciopero, e quindi uno scontro istituzionale tra potere giudiziario e potere legislativo, probabilmente peggiorerebbe la situazione. Forse per questo - ma la nostra è una impressione, perché è stato davvero complesso decifrare le vere intenzioni dell'Anm durante la conferenza stampa - ci si è ancora presi tempo per pensare. Anche se sinceramente ci saremmo aspettati o una anticipazione della decisione dello sciopero che lo stesso Santalucia aveva detto non essere più rinviabile in una recentissima intervista, o di essere convocati a decisione già presa. Così non è stato, e ci ha aiutato sempre il consigliere Santalucia a capire: «Lo sciopero è una delle forme di protesta, una drammatizzazione forte del dissenso, ma noi oggi (ieri, ndr) stiamo cercando di comunicare le buone ragioni della nostra protesta. Auspico che non si debba arrivare a questa forma di protesta, ma non sono qui a fare il profeta. Non sono in grado di dire se la decisione arriverà oggi (ieri, ndr) o all’assemblea generale dei soci convocata per il 30 aprile».

A margine della conferenza abbiamo chiesto al presidente Santalucia cosa ne pensasse di quanto scritto dal professore Giovanni Guzzetta sul nostro giornale ieri, che si è chiesto se lo sciopero "politico" dell'Anm sia davvero legittimo in una cornice costituzionale. Ci ha risposto così: «Noi non abbiamo intenzione di fare uno sciopero politico. Non so se ci sarà lo sciopero, lo decideranno gli organi direttivi. Lo sciopero sarebbe l'estrema punta per rappresentare le ragioni che sono tutte istituzionali e non di tipo politico. Sarebbe un modo per rappresentare al decisore politico che ci sono alcuni elementi di questa riforma che vanno nella direzione esattamente contraria rispetto all'obiettivo da perseguire. Ora vedremo, ragioneremo. Quello che posso dire è che c'è forte preoccupazione, forte malessere. Di questo occorre tener conto, al di là della collocazione dogmatica dello sciopero dei magistrati. Il problema è reale». Ed esso si è manifestato dopo l'approvazione degli emendamenti l'11 febbraio in Consiglio dei ministri: «Quel testo era criticabile - ha concluso Santalucia - ma certamente non aveva le asperità e i peggioramenti arrivati successivamente».