Fame, distruzione di infrastrutture civili, aggressione e occupazione militare. Ora anche evacuazione forzata dei gazawi. Non sono solo eventi, entrati nella Storia, che si verificano sulla Striscia di Gaza ai quali guarda il mondo intero con tristezza e che provocano disapprovazione nella maggior parte dell’opinione pubblica. Si tratta pure di fatti che hanno rilevanza giuridica e che in futuro potrebbero essere giudicati da un Tribunale.

Partano da questa premessa una ventina di giuristi israeliani, tra i più apprezzati in patria e all’estero considerata la loro attività anche nelle Università europee e americane, che hanno di nuovo scritto al primo ministro Benjamin Netanyahu, al ministro della difesa, Israel Katz, e ai vertici dell’esercito e della magistratura (compresi il capo di Stato maggiore, Eyal Zamir, e la procuratrice generale, Gali Baharav-Miara), senza tralasciare il leader dell’opposizione, Yair Lapid. Tra i promotori dell’iniziativa ancora una volta il costituzionalista della Hebrew University di Gerusalemme, David Kretzmer. Con lui, per citare alcuni nomi, Eyal Benvenisti (Università di Cambridge e Columbia Law School), Orna Ben-Naftali (Van Leer Jerusalem Institute), Tamar Megiddo (Hebrew University), Michal Saliternik (Università di Haifa) e Iris Canor (Georgetown Law di Washington).

Gli accademici argomentano sulla inammissibilità dell’evacuazione forzata da Gaza City e da altre zone della Striscia di centinaia di migliaia di persone. Donne, bambini, anziani che, dopo aver radunato poche cose, fuggono verso destinazioni ignote, sperando di non morire sotto le bombe delle IDF. L’esercito ha dichiarato che userà a Gaza City una “forza senza precedenti”.

La comunità giuridica, critica nei confronti della leadership di Tel Aviv, con i propri scritti supportati da una solida base giurisprudenziale funge in Israele da sentinella dei diritti e sembra incarnare una parte pensante dell’opinione pubblica, che non si riconosce nelle decisioni scellerate del premier Netanyahu e di alcuni suoi ministri dell’ala estremista e messianica, diventati famosi non per meriti politici ma per esternazioni riprovevoli contro gli abitanti della Striscia di Gaza e della Cisgiordania.

I giuristi firmatari della lettera-appello inquadrano subito le questioni contenute nell’ordine di evacuazione disposto dalle autorità militari. «L’estesa operazione militare a Gaza – scrivono Kretzmer e i suoi colleghi - suscita una grave preoccupazione per le gravi violazioni di una serie di norme fondamentali del diritto dei conflitti armati. In primo luogo l’obbligo di adottare tutte le precauzioni possibili per evitare danni ai civili, i principi di distinzione e proporzionalità e il divieto di trasferimento-espulsione forzata di una popolazione. Oltre al diritto dei conflitti armati, l’operazione in corso solleva anche gravi preoccupazioni per la violazione della legge che regola il ricorso alla forza e che richiede, tra l’altro, un rapporto proporzionale tra la minaccia militare da rimuovere e l’entità della forza applicata contro di essa».

L’esercito israeliano deve avere la capacità di distinguere. «Il principio di distinzione – rilevano gli studiosi di diritto - impone alle IDF, come a qualsiasi altro esercito, di distinguere tra combattenti e civili e tra obiettivi militari e obiettivi civili, e di evitare, per quanto possibile, danni ai civili e agli obiettivi civili. In questo contesto, il bombardamento diffuso di edifici residenziali, in assenza di prove evidenti che gli edifici in questione siano utilizzati da Hamas e in assenza di indicazioni di una specifica necessità militare per la loro distruzione, costituisce una violazione del principio di distinzione. Va sottolineato che la preoccupazione generale che un edificio possa in futuro essere utilizzato da Hamas non converte l’edificio in un legittimo obiettivo militare».

A questo punto il gruppo di giuristi israeliani si sofferma sul tema centrale con l’esortazione rivolta a Netanyahu, affinché riveda la scelta di ordinare il trasferimento di oltre 1 milione di gazawi in un’«area umanitaria» nel sud-ovest della Striscia. L’evacuazione deve avvenire sempre in condizioni di sicurezza, deve avere una durata temporanea e devono essere garantite condizioni di vita adeguate. Nulla di tutto ciò, fino ad oggi.

Kretzmer, Benvenisti, Megiddo e gli altri studiosi criticano quanto dichiarato due giorni fa dal ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, a proposito della trasformazione di Gaza in una “miniera d’oro immobiliare” da spartire con gli americani. Un’idea che dimostra l’intento di espellere definitivamente i palestinesi di Gaza, altro che evacuazione temporanea. Inoltre, anche se l’esercito ordina ai civili di lasciare un luogo, perché intende attaccarlo, i civili che rimangono sul posto «non perdono il loro status di soggetti aventi diritto alla protezione».

«Non si può, quindi, presumere – evidenziano gli accademici - che non ci siano civili negli edifici bersaglio di attacchi solo perché è stato loro ordinato di evacuare. Il principio di proporzionalità e l’obbligo di adottare precauzioni si applicano fintantoché sussiste il rischio di danni ai civili a seguito degli attacchi».

Secondo un rapporto di Haaretz del 10 settembre, il Capo dell’avvocatura generale militare ha avvertito il Capo di Stato maggiore sul fatto che l’esercito non può legittimamente ordinare a 1 milione di residenti di andare via, «finché non possono essere garantite condizioni di vita adeguate nell’area in cui verrebbero sfollati». Nessun riscontro da parte dei vertici militari su questo punto. Un altro rapporto di Haaretz, pubblicato lunedì, ha rilevato la posizione di alti funzionari della sicurezza i quali hanno riferito che l’evacuazione di centinaia di migliaia di residenti di Gaza City nell’«area umanitaria» potrebbe aggravare significativamente il sovraffollamento e le malattie. L’esercito prevede che decine o forse centinaia di migliaia di residenti non saranno in grado di lasciare Gaza City a causa di limitazioni fisiche ed economiche e saranno costretti a rimanere nella città bombardata con rischio di morte.

«Considerate le gravi preoccupazioni che emergono dal quadro attuale – ammoniscono i giuristi israeliani -, riteniamo che l’esercito debba cessare immediatamente l’operazione militare a Gaza City e l’evacuazione di massa dei residenti della città. Anche se l’operazione fosse motivata da uno scopo militare legittimo (sussistono però seri dubbi in merito, si pensi alle riserve espresse dal Capo di Stato maggiore), i danni indiscriminati o sproporzionati alla popolazione civile, il trasferimento forzato, permanente o non in grado di garantire condizioni di vita dignitose, rendono la stessa operazione illegittima con tutto ciò che ciò comporta anche nell’ambito della responsabilità penale dei soggetti coinvolti».