«Senza colonizzazione non c’è sicurezza e senza sicurezza attorno a Israele non c’è sicurezza dentro Israele», a parlare è il ministro israeliano delle finanze e leader del partito Sionismo religioso, Bezalel Smotrich, che in questa frase condensa la sua agenda politica. Siamo a Gerusalemme, è il 28 gennaio 2024, circa 5mila persone, per lo più coloni, si sono riunite per partecipare alla conferenza “Settlement brings security”. Oltre a Smotrich sono presenti il ministro per la Sicurezza interna, Itamar Ben-Gvir, e altri dieci ministri del governo Netanyahu.

Nato il 27 febbraio 1980 a Haspin, insediamento israeliano sulle alture del Golan, in una famiglia di ebrei ortodossi ashkenaziti, è cresciuto nell’insediamento di Beit El in Cisgiordania ricevendo dal padre, rabbino ortodosso, un’educazione religiosa. Dopo gli studi in giurisprudenza diventa avvocato e fonda la Ong Regavim, organizzazione che monitora e intraprende azioni legali presso i tribunali israeliani contro i villaggi palestinesi, beduini e arabi in Cisgiordania e Israele. Sin da giovane s’impegna politicamente.

Nel 2005 viene arrestato durante le proteste contro il Piano di disimpegno israeliano nella Striscia di Gaza, progetto politico voluto dall’allora premier Sharon che, dopo quasi quarant’anni di occupazione, rimosse i coloni dalla Striscia di Gaza, occupata dall’esercito israeliano nel 1967 durante la Guerra dei sei giorni, e quattro insediamenti in Cisgiordania. Per tre settimane viene detenuto e interrogato dallo Shin Bet. Come riportato da The Times of Israel nel 2019 Yitzhak Ilan, ex membro dello Shin Bet, durante un raduno del partito Bianco e Blu per cui era candidato dichiarò che «al momento del disimpegno voleva far saltare in aria le auto sull'autostrada Ayalon, nelle ore di punta, con la benzina. Lo abbiamo catturato con 700 litri di quella roba. È un terrorista. È ebreo, ma è un terrorista». Smotrich ha sempre negato l’accusa sostenendo che altrimenti non sarebbe stato rilasciato senza accuse dopo tre settimane di detenzione.

Definitosi in più occasioni un «fascista» e un «orgoglioso omofobo», nel settembre del 2006 organizzò la “Beast parade” insieme al sodale Ben Gvir, come protesta contro la parata del gay pride a Gerusalemme. Per l’occasione i due falchi si allearono con esponenti di Fatah e con chierici musulmani palestinesi per protestare contro quello che definirono un «massacro morale» e un «brutto crimine senza precedenti».

Entrato alla Knesset nel 2015, ha ricoperto il ruolo di ministro dei trasporti e della sicurezza stradale tra il 2019 e il 2020 durante il IV governo Netanyahu. Dal 2022 è ministro delle Finanze. Rappresentante dell’estrema destra religiosa israeliana, nel corso della sua carriera politica ha sempre rifiutato l’idea di uno Stato palestinese e ha spesso sostenuto che i palestinesi residenti nei territori occupati debbano avere meno diritti rispetto ai coloni israeliani.

Nel marzo del 2023 dichiarò che «non esiste un popolo palestinese, è un’invenzione del secolo scorso». Ha sostenuto in più occasioni che le madri ebree dovrebbero essere separate da quelle arabe nei reparti maternità degli ospedali e spinto per l’introduzione di leggi discriminatorie verso i non ebrei e a suo dire gli arabi «analfabeti» verrebbero ammessi nelle università israeliane solo in virtù della «discriminazione positiva». Smotrich non risparmia nemmeno le istituzioni e le politiche israeliane, nel 2017 ha infatti incoraggiato l’elusione alla leva per protesta contro «l’agenda femminista» delle Idf e ha paragonato lo sgombero di un insediamento illegale israeliano a uno «stupro brutale».

Sin dall’inizio della guerra a Gaza Smotrich si è sempre opposto ad accordi di tregua che mantenessero Hamas al potere nella Striscia. Ad agosto dello scorso anno ha ammesso che secondo lui «potrebbe essere giustificato e morale far morire di fame due milioni di persone». Lo scorso luglio, insieme all’amico Itamar, ha minacciato di far cadere il governo Netanyahu, togliendogli l’appoggio dei due partiti Sionismo religioso e Otzma Yehudit, nel caso in cui fosse stato raggiunto un accordo di tregua e ha rivendicato orgogliosamente di aver bloccato altri accordi precedenti.

Nelle ultime settimane è balzato agli onori delle cronache dopo aver annunciato la costruzione dell’insediamento E1 in Cisgiordania, che lui continua a chiamare Giudea e Samaria, in risposta al riconoscimento dello Stato palestinese da parte di numerosi Paesi, dichiarando che «non c'è nulla da riconoscere e nessuno da riconoscere». Negli scorsi giorni durante il suo intervento al Vertice sul rinnovamento urbano del Centro immobiliare ha calato la maschera sull’offensiva di Gaza, iniziata lunedì.

Non un’operazione per liberare gli ostaggi ma per prendere il controllo di una «miniera d’oro immobiliare» da spartire con gli Stati Uniti di Trump. «Abbiamo investito molti soldi in questa guerra. Dobbiamo vedere come dividere il territorio» ha detto il ministro delle Finanze, specificando che «la demolizione, la prima fase del rinnovamento della città, è già stata completata. Ora dobbiamo solo costruire». Smotrich è capace di alzare, con ogni sua dichiarazione, l’asticella della crudeltà e per la realizzazione del suo piano immobiliare ha aggiunto che «serve l’annientamento totale totale dei palestinesi. Anzi, mi offro come boia».