«Con me al comando si arriverà alla pace in 24 ore!». A fine marzo Donald Trump aveva annunciato, con la consueta modestia, l’esistenza di un piano infallibile per fermare la guerra in Ucraina senza però svelarne i dettagli: «Non posso parlarne, è segreto».

Una classica sparata da campagna elettorale come hanno ipotizzato i suoi avversari? Non proprio. Secondo quanto scrive il Washington Post il piano esiste e come. Il quotidiano della capitale, citando fonti anonime dell’entourage di Trump, ne rivela i passaggi centrali che si possono riassumere in due righe: cessione alla Russia della Crimea e del Donbass in cambio del cessate il fuoco: «Molti ucraini dovranno accettare di diventare cittadini russi», avrebbe detto The Donald ai suoi collaboratori, convinto che entrambe le parti «stiano cercando di salvare la faccia e trovare una via d’uscita».

Il piano, che sembra ideato dall’ufficio di studi strategici del Cremlino, è praticamente una resa totale a Vladimir Putin, che ha invaso l’Ucraina, violando confini riconosciuti dalla comunità internazionale, proprio allo scopo di annettere alla Russia quelle regioni. D’altra parte in oltre due anni di guerra Trump non ha mai pronunciato parole di condanna nei confronti di Mosca, al contrario ha lanciato diverse bordate ai suoi principali antagonisti, il presidente ucraino Zelensky e l’Alleanza Atlantica, definita «un club di scrocconi». Nessun commento neanche dopo la morte di Alexei Navalny, principale oppositore del regime putiniano, condannata in modo molto veemente dal presidente democratico Joe Biden, suo sfidante alla presidenziali di novembre.

Un altro pesante indizio di compiacenza nei confronti della Russia è stata la battaglia al Congresso condotta dai deputati repubblicani contro gli aiuti finanziari e militari al governo ucraino, settanta miliardi di dollari congelati da mesi per i veti dell’ala più estremista del Gop. Gli effetti materiali si stanno vedendo in queste settimane con l’esercito di Kiev in gravissima difficoltà e l’armata russa che rosicchia ogni giorno nuovi territori. La capacità di combattere dell’Ucraina è stata fortemente compromessa e gli appelli di Zelensky agli alleati ormai rasentano la disperazione.

Il senatore repubblicano Lindsey, un tempo moderato ma oggi molto vicino a Trump, prova a correggere il tiro e spiega al quotidiano di Washington che non si tratta di un’esagerazione, che il tycoon in realtà sostiene con passione la causa Ucraina e persino l’adesione di Kiev alla Nato e all’Unione europea, anche se alla fine ha ammesso che «non si esprime molto spesso sull’argomento».

Dal quartier generale di campagna elettorale invece partono le prime, rabbiose smentite: «Si tratta di una fake news propagata dal Washington post, non c’è nessun piano, ci sarà quando Trump tornerà alla Casa Bianca», tuona il portavoce Jason Miller. Ma che la linea del candidato repubblicano sulla guerra in Ucraina sia diametralmente opposta a quella di Biden e dei principali partner europei lo fa capire lo stesso Jason: «Donald Trump dice solamente che bisogna fermare le uccisioni, Biden invece vuole che continuino».

I democratici, naturalmente, hanno preso la palla al balzo, rievocando il celebre Russiagate (gli hacker di Mosca sospettati di aver tirato la volata a Trump nel 2016 sabotando la campagna elettorale di Hillary Clinton). In tal senso il “piano di pace” svelato dal Washigton Post è più che coerente con la recente storia politica di Trump accusato di intrattenere relazioni pericolose con il Cremlino.

Il primo a commentare Tom Donilon, ex consigliere per la sicurezza di Barack Obama: «L’inspiegabile ammirazione di Trump per Putin, insieme alla sua ostilità senza precedenti per la Nato, non può dare all’Europa o all’Ucraina nessuna fiducia in sue trattative con la Russia. Anzi, Trump incoraggia i russi a fare ciò che vogliono, indebolendo gli alòleati europei, sono dichiarazioni sconvolgenti per un candidato alla presidenza. Le sue posizioni rappresentano un chiaro pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti e dell’Europa»