Ridateci Kennedy e Kruschov, Nixon e Mao, Reagan e Breznev, perché se è illusorio immaginare un mondo senza conflitti e violenze è legittimo pretendere un minimo di educazione e di rispetto per se stessi da parte dei leader globali. Perché in politica la forma non è mai estranea alla sostanza.

Persino tra la cancelleria del Terzo Reich e il governo di Winston Churchill, nonostante Germania e Inghilterra fossero in guerra l’una contro l’altra, nessuno sentiva il bisogno di accompagnare le bombe e le sanguinose battaglie con inutili e squalificanti raffiche di insulti.

L’ultimo botta e risposta tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il capo del Cremlino Vladimir Putin, più che una polemica tra i leader delle due principali potenze globali sembra un dissing tra cantanti trap, una contesa tra bulli di quartiere, una rissa tra galli annebbiati dal testosterorne.

Ecco i fatti.

Intervenendo a San Francisco durante una raccolta fondi per la sua campagna elettorale, Biden ha parlato in questo modo del presidente russo: «Quello lì è un pazzo figlio di p...»

Come riferiscono i media d’oltreoceano il presidente stava parlando del cambiamento climatico quando ha citato Putin impiegando l’acronimo «sob» (son of a bitch): «Con un pazzo figlio di p... come Putin, e dobbiamo sempre preoccuparci del conflitto nucleare, ma la minaccia esistenziale per l’umanità è il clima».

Come riportato dai media Usa nel corso dell’intervento Biden ha apertamente imputato a Putin la morte dell’attivista e oppositore politico russo Aleksej Navalnyj, avvenuta la scorsa settimana nella colonia penale “Lupo artico” in Siberia in circostanze più che miosteriose. Le ruvide parole di Biden, ribattute da tutte le agenzie, hanno raggiunto in fretta il Cremlino che giustamente ha preteso rispetto ed educazione da parte della Casa Bianca protestando tramite il portavoce Dmitry Pesko: «Quelli di Biden sono insulti vergognosi; nei confronti di Putin si comporta come un cowboy di Hollywood, anzi come qualcuno che vorrebbe esserlo ma non ci riesce». Peccato che poco dopo da Mosca arrivavano le parole della portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, in perfetta sintonia con lo stile del leader americano, a dimostrazione che i cowboy abitano anche tra le steppe russe: «Biden ha definito Putin un pazzo figlio di p..., la prossima volta che dovrebbe ricordare che gli americani associano questa definizione meglio a suo figlio Hunter».

A rincarare la dose ci ha pensato poi il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, il tonitruante Dmitry Medvedev, che in un’intervista rilasciata ai media locali ha parlato così del capo di Stato Usa: «È un inutile vecchio e un pazzo, è lui e non il cambiamento climatico la vera minaccia esistenziale per il nostro pianeta».

Già nel 2021, quando la Russia era accusata sa Washington di aver interferito nelle elezioni presidenziali Usa, i due presidenti se le sono date di santa ragione con il consueto scambio di contumelie con Biden che commentando il primo misterioso avvelenamento subito da Navalny in Germania chiamò Putin «un assassino».

Il capo del Cremlino rovesciò immediatamente l’epiteto sul rivale: «Chi lo dice sa di esserlo, stava parlando di se stesso».

Se il focoso Biden non è nuovo a simili intemperanze (aveva usato la stessa insultante espressione “figlio di...” nel 2022 nei confronti di un giornalista di Fox news), anche il glaciale Putin con il suo stile da bullo tranquillo ogni tanto si lascia cullare dall’ebrezza dell’insulto, ad esempio contro l’odiatissimo presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il suo governo liquidato come «una banda di nazisti drogati», riservando all’omologo lo sgradevole appellativo di «disonore degli ebrei».