Una tragedia annunciata: tre migranti morti e cinque feriti al largo della Libia, dove la guardia costiera opera con lo stesso violento zelo degli sceriffi del vecchio west. È il tragico bilancio della sparatoria avvenuta la scorsa notte a Khums, est di Tripoli, durante le operazioni di sbarco, sparatoria a senso unico con i militari libici che hanno aperto il fuoco contro un barcone. I migranti erano stati intercettati in mare e riportati a terra dalla Guardia Costiera libica, la stessa finanziata dall’Italia, che ha recentemente rinnovato i patti con Tripoli. Il personale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) presente sul posto ha riferito che le autorità locali hanno iniziato a sparare nel momento in cui alcuni migranti, scesi da poco a terra, avevano cercato di darsi alla fuga.

I cinque migranti feriti sono stati portati in ospedali della zona, mentre la maggior parte dei sopravvissuti all’incidente è stata trasferita in centri di detenzione libici dove la loro sorte è davvero in mano al destino. «L'Unhcr condanna la tragica perdita di tre vite e chiede un'indagine urgente sulla sparatoria», si legge in una nota, contestualizzando il fatto che gli scontri sono avvenuti «dopo che oltre 70 persone erano scese da una imbarcazione».

Il Comitato internazionale della Croce Rossa, partner dell'Unhcr, è intervenuto per trasportare in ambulanza un uomo ferito verso un ospedale, ma è morto durante il tragitto. Sul luogo dello sbarco hanno perso la vita due persone, mentre altrettante sono rimaste ferite.

Le vittime sono tutti cittadini sudanesi in fuga dal loro paese per raggiungere una destinazione europea. Lcate sono state trasf «Questo incidente sottolinea in modo evidente che la Libia non è un porto di sbarco sicuro», ha dichiarato l'inviato speciale dell'Unhcr per la situazione nel Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel. «C'è la necessità di aumentare la capacità di soccorso e di ricerca nel Mediterraneo, coinvolgendo anche navi delle ong, in modo da migliorare il livello delle operazioni di soccorso che permettano sbarchi in porti sicuri fuori dalla Libia. Inoltre serve una maggiore solidarietà tra gli stati che si affacciano sul Mediterraneo», ha infine aggiunto. Ma sono tante le voci indignate per questa ennesima, evitabile tragedia.

«Le sofferenze patite dai migranti in Libia sono intollerabili», ha così affermato Federico Soda, capo missione dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni ( Oim) in Libia che per primi hanno denunciato l'accaduto. «L'utilizzo di una violenza eccessiva ha causato ancora una volta delle morti senza senso, in un contesto caratterizzato da una mancanza di iniziative pratiche volte a cambiare un sistema che spesso non è in grado di assicurare alcun tipo di protezione», ha concluso Soda. L'Oim ribadisce che la Libia non è un porto sicuro e lancia nuovamente un appello all'Unione Europea e alla comunità internazionale affinché si agisca con urgenza per fermare i ritorni in Libia di persone vulnerabili. «E' necessario mettere in atto uno sistema alternativo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri. E' altresì necessario che ci sia una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e gli Stati mediterranei che si trovano in prima linea».