È il 25 febbraio 2020, una bella giornata di sole a Brunswick, nello stato della Georgia. «Un tempo ottimo per fare jogging» deve aver pensato Ahmaud Arbery, un ragazzo afroamericano di 23 anni. Niente di più sbagliato, almeno se sei nero e per di più vivi in uno stato del sud. Certo non siamo negli anni ’ 50 ma il colore della pelle conta ancora, eccome. Sulla strada che percorre è parcheggiato un furgoncino bianco, uno di quelli con il pianale scoperto. A bordo ci sono due uomini, padre e figlio, Gregory e Travis McMichael. Il più vecchio ha 64 anni ed è un ex agente di polizia con un passato da investigatore del procuratore distrettuale.

Arbery corre nemmeno troppo veloce, raggiunge il veicolo, passa alla sua destra, la portiera è aperta. A questo punto la scena viene coperta dal furgoncino stesso e riappare sul lato opposto. Il ragazzo afroamericano lotta con uno dei due uomini, uno sparo, poi un altro poco dopo, al terzo colpo Arbery percorre pochissimi metri, cade a terra, la faccia sull’asfalto, è morto.

Ha inizio così uno dei casi più controversi della recente storia statunitense. I Mc Michael non vengono arrestati immediatamente, nella versione fornita dall’ex poliziotto Arbery veniva sospettato di diversi furti avvenuti nel quartiere dove vivevano, insieme al figlio dunque è iniziata la caccia all’uomo. Secondo Gregory l’aggressione sarebbe partita contro suo figlio da parte del “sospettato”. Ma se addosso porti una 357 Magnum a canna lunga e un fucile, di autodifesa c’è ben poco forse..

Tanto è bastato comunque alla polizia per liquidare la faccenda come legittima difesa e lasciare liberi gli omicidi. La verità, su come le cose non fossero andate come dichiarato da padre e figlio, venne a galla solo dopo la pubblicazione di un video, nel maggio successivo, ripreso da una autovettura che seguiva Arbery.

Le immagini hanno permesso di ricostruire l’esatta successione degli avvenimenti, si è trattato praticamente di un agguato. Impossibile allora non arrestare Gregory e Travis Mc Michael per omicidio. I due si trovano attualmente in cella senza cauzione attendendo il processo, insieme proprio all’autore del video, rimasto sconosciuto per diverso tempo, William Bryan Jr, accusato dello stesso reato.

Le indagini sono state però disseminate da var i ostacoli tanto che l’Fbi ha messo sotto accusa George Barnhill funzionario del distretto giudiziario di Waycross, che ha raccomandato di non arrestare i McMichael, e Jackie Johnson della contea di Glynn, che allo stesso modo non aveva voluto procedere con il fermo. Un comportamento illecito ma probabilmente ispirato dalla stessa legislazione della Georgia riguardo all’arresto di cosiddetti vigilantes. Per questo motivo lo stato del sud sta correndo ai ripari. Il governatore Brian Kemp firmerà un disegno di legge che abroga la possibilità per privati cittadini di fermare qualcuno se sospettato di aver commesso un reato. Ciò verrebbe comunque consentito solo, si fa per dire, agli agenti di sicurezza, agli investigatori privati e ai poliziotti fuori servizio.

Per Kemp si tratta di un buon compromesso che dovrebbe eliminare l’impianto razzista della legge precedente. Trattenere presunti sospettati risale ad uno statuto del 1863, all’epoca della guerra civile, per consentire ai cittadini bianchi di catturare gli schiavi in fuga verso nord, in seguito la legge venne utilizzata per giustificare centinaia di linciaggi. Non a caso è stata citata da coloro che inizialmente hanno rifiutato di arrestare gli assalitori di Arbery. Lo schieramento a favore del nuovo provvedimento è apparentemente largo, dai Democratici ai Repubblicani ( anche se c’è chi vede in questa posizione della destra un modo per mascherare le recenti mosse dei legislatori per limitare pesantemente l'accesso al voto). Per il governatore si tratta di un «messaggio chiaro che lo stato di Peach non tollererà sinistri atti di vigilantismo nelle nostre comunità».

A festeggiare sono gli attivisti dei diritti civili. Secondo il reverendo James Woodall, presidente della NAACP in Georgia, l'abrogazione è «un momento storico». Ma il lavoro da fare è ancora lungo e si stanno mettendo in campo iniziative per approvare riforme simili in altri stati. L’obiettivo è non dover più sentire constatazioni, amare, come quelle dell’avvocato Lee Merrit che rappresenta la famiglia Abery,: «Questo caso chiarisce che tutti i cittadini neri della Georgia del sud non ricevono la stessa protezione». Parole attese al banco di prova del processo Floyd in corso a Minneapolis.