Quando deputati e senatori, riuniti in Assemblea plenaria al Castello di Versailles, hanno approvato la legge che introduce il diritto all’aborto nella Costituzione francese, le migliaia di parigini riuniti sotto il maxischermo del Trocadero hanno esultato come per un gol di Mbappé.

Dopo 18 lunghi mesi di discussioni e passaggi parlamentari, l’interruzione di gravidanza entra così nell’articolo 34 della Legge fondamentale. Sono passati esattamente cinquant’anni dallo storico discorso con cui la ministra della Sanità, la liberale Simone Veil difese il diritto di ogni donna a poter disporre del proprio corpo, annunciando la legge che legalizzava l’aborto tra le critiche del suo stesso schieramento. A mezzo secolo di distanza la Francia diventa il primo Paese al mondo a fare dell’ivg un diritto costituzionale tracciando una strada che prima o poi verrà seguita anche da altre democrazie. La prossima tappa, dicono da Parigi, è l’iscrizione dell’ivg nella Carta dei diritti fondamentali dell’Uniobne europea, una battaglia che si annuncia complicata.

Fondamentale per scatto in avanti del governo francese è stata la decisione della Corte suprema Usa di abolire, nell’estate del 2022, la celebre sentenza Roe vs. Wade facendo arretrare gli Usa di interi decenni nel campo del diritto all’aborto. In molti Stati guidati dai governatori repubblicani oggi è praticamente impossibile ricorrere all’introduzione di gravidanza e questo sta provocando un’inquietamente impennata degli aborti clandestini.

Un vento reazionario e proibizionista che sta soffiando da tempo anche nella Vecchia Europa, basti pensare alla Polonia e all’Ungheria di Vktor Orban in prima linea nella strenua difesa della “tradizione”, nell’assalto sistematico ai diritti civili e nella negazione del principio di laicità dello Stato.