La Cassazione ha confermato la pena più severa nei confronti di Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio pluriaggravato della piccola Yara Gambirasio. Il collegio della Cassazione è presieduto dal giudice Adriano Iasillo e ha deciso di confermare la sentenza d’appello. Assente in aula l’imputato che ha atteso la decisione dal carcere di Bergamo dove è rinchiuso dal 2014.

"Il processo mediatico nuoce: ci voleva molto coraggio a prendere una decisione contro la sentenza d'appello", ha detto rispondendo ai giornalisti l'avvocato Claudio Salvagni, difensore di Bossetti. "È andato tutto come secondo me doveva andare. Con oggi sono 39 i magistrati che hanno esaminato, in varie fasi, il fatto e tutti hanno concluso per la colpevolezza di Bossetti", ha commentato l'avvocato Andrea Pezzotta, legale dei Gambirasio. "Se c'è stato un processo mediatico - ha detto l'avvocato - non è per colpa nostra. Noi non siamo mai andati in televisione".

La pg della Cassazione Mariella de Masellis nella requisitoria ha avuto parole dure nei cofronti di Bossetti: "non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo". Ha spiegato che le indagini sono state ben condotte e che non vi è niente a che fare con "il caso Knox, vicenda ben diversa", il cui esito fu ribaltato dalla Cassazione con l'assoluzione degli imputati. La pd ha chiesto la conferma dell’ergastolo per il muratore di Mapello perché “non ci sono motivi per dubitare che il colpevole sia lui”, ma anche l’annullamento dell’assoluzione dell’uomo, pronunciata in entrambi i processi di merito, relativa all’accusa di calunnia ai danni di un collega, che sarebbe potuto entrare in possesso di un suo fazzoletto sporco di sangue, spesso utilizzato in cantiere perché, come aveva spiegato Bossetti “perdo spesso sangue dal naso”.

Secondo il pg, sulla calunnia va celebrato un procedimento d’appello bis ma soprattutto non esiste un “ragionevole dubbio” sull’innocenza di Bossetti che “non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo”. E sulla prova del dna “si tratta di una condanna gravissima - ha rilevato il pg - ed è giusto interrogarsi se ci sia solo il dubbio per crederlo innocente, ma per affermare l’innocenza di Bossetti dovremmo dire che le analisi genetiche hanno contaminato il profilo portando a un Dna identico al suo, che si è creato un profilo sintetico, che vi era la necessità di trovare in Bossetti, di cui nessuno allora aveva mai sentito parlare, un capro espiatorio. Se tutto questo non c’è, non c’è ragionevole dubbio”. Ed ha concluso: “Non è stato cercato un colpevole ad ogni costo, tutti gli accertamenti sono stati condotti con estremo scrupolo”.

Dall’altra parte la difesa di Bossetti, con gli avvocati Salvagni e Camporini, aveva richiesto l’annullamento della condanna in appello “un provvedimento di annullamento sarebbe impopolare ma coraggioso, la gente vuole un colpevole e se Bossetti viene scagionato il colpevole non ci sarebbe. La sentenza impugnata non dà le risposte che abbiamo richiesto. Il diritto non può piegarsi alla giustizia sostanziale perché una sentenza che oggi sembra giusta domani potrebbe portare a mille ingiustizie. Una sentenza deve dare risposte logiche e scientifiche e se queste non ci sono annullarla è doveroso”.