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Uno dei problemi che attanaglia il pianeta giustizia del Paese nel suo complesso è - certamente - il “formalismo giuridico”. L’eccessiva burocratizzazione di ogni procedura ha portato negli anni alla paralisi del sistema e, come immediata conseguenza, alla mancanza di fiducia da parte del cittadino nella magistratura. Il cittadino, e tutte le più recenti statistiche sono concordi al riguardo, si è ormai rassegnato all’idea che sia inutile rivolgersi al proprio giudice per ottenere giustizia. La soluzione dei problemi va trovata altrove. Non in un Tribunale. Ad offrire questa analisi impietosa della macchina giudiziaria italiana è stato Antonio Lepre, consigliere togato del Csm, nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte d’Appello di Bari. Il palazzo di giustizia del capoluogo pugliese, evacuato per rischio crollo la scorsa estate e inizialmente trasferito in una tendopoli di fortuna, è già di per sé la metafora perfetta del funzionamento della giustizia in Italia. E’ lo stesso Lepre a sottolinearlo: «Il Tribunale di Bari è un “non luogo giudiziario” caratterizzato da un settore penale atomizzato in ben otto sedi, sicché mi chiedo come facciano gli avvocati ad affrontare quotidianamente la necessità di andare da un punto all’altro della città per svolgere il proprio lavoro». Di chi sono le responsabilità? Come è stato possibile arrivare fino a questo punto? A rispondere alla domanda è lo stesso Lepre: «Non basta dare la colpa genericamente alla politica o al Ministero della giustizia, atteso che è da oltre venti anni che la situazione degli uffici baresi ( e non solo) è drammatica».
Con una precisazione di non poco conto: «Nel Ministero della giustizia i posti direttivi a livello amministrativo- burocratico sono tradizionalmente occupati da magistrati, sicché è doveroso per tutti noi chiederci se non vi sia un problema culturale di fondo». Ed ecco, dunque, arrivare all’approccio “burocratico formalista” ai problemi da parte della magistratura e del Csm. Invece di affrontarli, il Csm ha prodotto moltissime «circolari su circolari, carta su carta, con adempimenti burocratici crescenti di anno in anno», dice il consigliere del Csm. «Nel contempo la questione essenziale delle diffuse pessime condizioni strutturali e di lavoro dei magistrati è stata declassata a mera questione sindacale e quasi snobbata: eppure è evidente che efficienti condizioni di lavoro e strutturali siano la precondizione per l’esercizio stesso della giurisdizione», ha quindi concluso Lepre.