Forse tra poche ore avremo la prima sindaca al Campidoglio di Roma. Nel frattempo, Barcellona celebra un anno dalla vittoria di Ada Colau, paragonata da alcuni a Eva Perón, da molti a una ex attivista dei centri sociali che sta affogando gli investimenti turistici di Barcellona. Il 27 maggio è uscito in poche sale di Barcellona Alcaldessa, un documentario di Pau Faus, vincitore del premio per la regia al Festival di Malaga. L’opera di Faus ripercorre i passi di Ada Colau e il suo partito nei nove mesi precedenti l’inattesa vittoria di giugno 2015. Ada Colau, fondatrice del centro attivista PAH, ha impedito diversi sgomberi di persone che durante la crisi economica spagnola hanno perso il lavoro. Da subito, le immagini sgrassate della retorica classica, le smorfie di una donna comune, le parole che è difficile non considerare sincere, i pianti, la gioventù che circonda il movimento Guanyem Barcelona (poi Barcelona en Comú), dipingono un evidente rifiuto dei canoni politici classici. Questa donna in carne, il viso rotondo, sorridente e spontaneo, il fuoco che sprigiona durante i comizi, attaccando banche, governo, i potenti di turno, ha un’energia contagiosa. Barcelona en Comú è l’unico partito presentatosi in Catalogna nel 2015 a non aver ricevuto finanziamenti da banche. I soldi, ottantamila euro, li ha ottenuti attraverso una minuziosa quanto romanzesca opera di raccolta fondi da parte di volontari: giovani con rasta e piercing assieme a ex partigiani canuti e un pó sordi.Un anno dopo il giudizio sul lavoro del partito suscita dibattiti e polemiche. Prima la maggioranza nel Consiglio Comunale estremamente esigua ha costretto Ada Colau a unirsi con altre forze di sinistra. I rapporti tra Colau e Pablo Iglesias, due caratteri infiammabili della nuova generazione di sinistra, sono sempre stati tesi. Alla sindaca non è mai piaciuto il protagonismo del Segretario Generale di Podemos, come ha confessato nel recente libro intervista La Rebelión Democrática. Nonostante la coalizione di sinistra (En Comú Podem) è risultata la prima forza in Catalogna nelle elezioni generali di dicembre scorso, la Colau ha dichiarato più volte l’autonomia del suo partito rispetto a Iglesias.Tra le critiche sui primi 365 giorni di governo della città, c’è quella che accusa la “alcaldessa” di essersi circondata di fedelissimi che facevano parte della PAH. La volontà di tagliare i ponti con la vecchia politica poteva essere legittima, ma adesso Barcelona en Comú e la stessa Colau ammettono che il primo anno è stato un bagno di realtà. «Dall’attivismo si ha una visione parziale. Governare significa farsi carico della globalità» spiega Colau intervistata da La Vanguardia: «Difendendo gli interessi di tutti, sforzandomi di essere la “alcaldessa” di ognuno».La mancanza di esperienza e malizia risulta evidente guardando il documentario di Pau Faus. Durante i dibattiti e i banchetti politici, Ada Colau sembra spaesata di fronte ai “vecchi politici”. Le sorridono, la abbracciano, la trattano come una donna che sta sconfinando in territorio maschile. L’ingenuità di chi non ha mai maneggiato i complicati ingranaggi del potere, è stata pagata attraverso contrasti politici e sociali inusuali, ma coerenti con la mentalità popolare di sinistra che incarna la Colau.Il conflitto scoppiato con la polizia urbana di Barcellona, accusata di atteggiamento autoritario contro le minoranze etniche e i centri sociali, ha generato frizioni interne e polemiche con i sindacati della polizia.  Barcelona en Comú ha riformato il corpo di polizia, iniziando con lo scioglimento dell’unità antisommossa.Ad aprile, lo stop delle costruzioni di varie catene di hotel da parte del Comune di Barcellona, ha creato il panico tra gli investitori e gli economisti catalani. Per la prima volta in molti anni, Madrid ha vinto la “classifica” degli investimenti turistici. La sindaca si difende affermando che il turismo sostenibile è un dovere. La mole di turisti che invade Barcellona ogni anno è impressionante. Di circa 30 milioni totali in tutta la Spagna nel 2015, solo otto e mezzo erano a Barcellona. Come dimostrano i numerosissimi cartelli appesi ai balconi della città («Volem un barri digne! »), se da un lato l’attività turistica è motore portante dell’economia della città, dall’altra la sta spersonalizzando attraverso un turismo spicciolo, fatto di ubriacature, schiamazzi, urina in ogni angolo e speculazioni edilizie. Alle critiche ricevute dallo stesso PAH per la poca determinazione ad alloggiare chi è stato sfrattato, BenComú ha risposto sanzionando diverse banche proprietarie di strutture disabitate e ha comprato più di 200 appartamenti dall’istituto di credito Sareb per otto anni.Nonostante le controversie di questo primo anno, nonostante la Colau sia sempre prudente sul delicato tema dell’indipendenza catalana, ricordando che «con il 48% dei consensi non si può iniziare un processo unilaterale di indipendenza», la forza vitale dell’ “alcadessa” continua a incantare il suo elettorato che vede in lei una possibile candidata al parlamento catalano (La Generalitat). I piani per il futuro sono in cantiere: una linea del tram che unisca la cittá e un ampliamento delle zone pedonali per ridurre smog e favorire le piste ciclabili.Non sarà facile negoziare le scelte coraggiose della Colau con gli equilibri della politica, prova ne è la scritta Refugees Welcome che campeggia enorme sulla facciata del Comune. Di fatto, senza l’autorizzazione del governo di Madrid le invettive contro la politica europea di gestione dell’immigrazione, sono le grida di un bambino al vento. Barcelona en Comú e Ada Colau dovranno, senza tradire le proprie idee, acquistare la malizia necessaria per riformare e governare. La pragmatica quanto inaspettata alleanza degli ultimi giorni nel Consiglio Comunale con il PSC, potrebbe esserne il primo esame.